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Sorte dei contratti bancari autoliquidanti nel concordato preventivo.

di Giuseppe Rebecca
portale unijuris.it, 17 settembre 2019

1) Premessa

Approfondiamo[1] un tema sempre attuale, ovvero la sorte dei contratti bancari di anticipazione, contratti consistenti nella concessione dilinee di credito autoliquidanti con annesso, di norma, patto di compensazione a favore della banca, a fronte dell’apertura di una procedura di concordato preventivo in capo al debitore. Ci si pone sempre la stessa domanda: la banca ha diritto ad incamerare le somme riscosse successivamente alla presentazione della domanda di concordato (in bianco o non), e così di portarle in compensazione con quanto anticipato prima dell’ammissione del debitore alla procedura?

Una riposta netta non pare possibile proporla, tenuto conto della varietà di opinioni e incertezze, giurisprudenziali ed anche dottrinali, sul punto.

L’art. 169 bis L.F. [2] ha introdotto al sistema del concordato preventivo una disciplina deicontratti in corso di esecuzione fino ad allora assente. Il debitore può ora richiedere al Tribunale (o, dopo il decreto di ammissione ex art. 163 L.F., al Giudice Delegato) di essere autorizzato a sospendere/sciogliere i contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso.

Analizzeremo dapprima la fattispecie relativamente alle tre ipotesi che si possono ipotizzare in base a quanto richiesto nella stessa domanda di accesso alla procedura:

a) chiesta e ottenuta la sospensione del contratto di anticipazione bancaria;

b) chiesto e ottenuto lo scioglimento del contratto di anticipazione bancaria;

c) non richiesto nulla.

Successivamente analizzeremo la questione al di fuori di queste previsioni.

Posto che la sola sospensione non apporta di fatto alcun beneficio effettivo, si tenga conto che in ogni caso per lo scioglimento (come pure per la sospensione) è dovuto un indennizzo equivalente al risarcimento del danno, in chirografo.

Ricordiamo come, ante riforma, lo scenario, in assenza appunto di una norma specifica, è sempre stato identificato nella inapplicabilità al concordato preventivo delle regole dettate per il fallimento dagli artt. 72 e ss. L.F. (“rapporti pedenti”).

2) Le tre questioni

Le questioni che si pongono sono essenzialmente tre:

1. La richiesta di scioglimento/sospensione dei contratti in corso di esecuzione è compatibile con la fase del c.d. “concordato in bianco”?

Sul punto, tre sono le correnti di pensiero:

a) applicabilità dell’art. 169 bis L.F. al “concordato in bianco” solo per quanto riguarda la sospensione del contratto, e non anche lo scioglimento (es.: Tribunale di Milano, 28 maggio 2014 (www.ilcaso.it), Tribunale di Bergamo, 20 febbraio 2019 [3] (www.ilcaso.it);

b) applicabilità dell’art. 169 bis L.F. al “concordato in bianco”, sia in merito alla sospensione che allo scioglimento (es.: Corte Appello Genova, 10 febbraio 2014, www.ilcaso.it);

c) inapplicabilità dell’art. 169 bis L.F. alla disciplina del concordato in bianco (es.: Tribunale Roma, 27 febbraio 2014, www.ilcaso.it);

2. I contratti bancari autoliquidanti sono da considerarsi rapporti unilaterali o bilaterali? E quale significato deve attribuirsi all’espressione “contratti in corso di esecuzione”?

Su entrambi gli interrogativi la giurisprudenza è discorde :

a) il contratto bancario è considerato rapporto unilaterale e con l’espressione “in corso di esecuzione” il legislatore ha voluto riferirsi:

a1) ai contratti non eseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti (analogamente alla definizione di “rapporti pendenti” ex art. 72 L.F. – es.: Tribunale di Milano,cit.): ne consegue che il contratto di anticipazione bancaria non potrebbe essere oggetto di sospensione/scioglimento, stante la natura unilaterale del contratto (come vedremo, la pronuncia del Tribunale di Milano, pur non ammettendo l’applicabilità dell’art. 169 bis L.F. a tale fattispecie contrattuale, ha introdotto una interpretazione innovativa, consentendo comunque lo scioglimento/sospensione del mandato all’incasso previsto dal contratto);

a2) ai contratti eseguiti solamente da una delle parti, quindi anche gli stessi rapporti “unilaterali” (es.: Corte di Appello Genova, cit.): ne consegue che tale contratto bancario potrebbe essere oggetto di sospensione/scioglimento;

b) il contratto bancario viene considerato rapporto bilaterale (es.: Corte di Appello di Trento, 16 dicembre 2014 e 22 ottobre 2013, in FallimentieSocietà.it): ne consegue che per i contratti bancari in questione è sempre possibile richiedere lo scioglimento/sospensione del contratto, a prescindere dall’interpretazione che viene fornita della locuzione “in corso di esecuzione”.

3. Qualora si aderisse all’orientamento secondo cui i contratti di anticipazione bancaria possano essere oggetto di scioglimento/sospensione ex art. 169 bis L.F., ci si porrebbe l’interrogativo riguardante la sorte del c.d. “patto di compensazione” previsto contrattualmente .

In altri termini, il mandato all’incasso con annesso “patto di compensazione” a favore della banca sarebbe anch’esso oggetto di scioglimento/sospensione insieme con il contratto principale o, viceversa, rimarrebbe in vita in quanto stipulato in un momento anteriore all’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo (consentendo così alla banca di porre in essere la compensazione)? La giurisprudenza, anche su quest’ultimo punto, come vedremo, è discorde.

3) Qualche considerazione

La principale problematica parrebbe essere, come detto, ne i contratti di anticipazione bancaria con annesso “patto di compensazione”, se rientrino o meno nel perimetro normativo dell’art. 169 bis L.F. . In caso di risposta negativa, tali contratti non potrebbero evidentemente essere oggetto di scioglimento/sospensione e di conseguenza il c.d. “patto di compensazione” proseguirebbe normalmente ( viceversa, qualora tali contratti risultassero essere oggetto di possibile scioglimento/sospensione, si aprirebbe il dibattito circa la validità di tale patto).

Giurisprudenza che ci pare maggioritaria ritiene che a seguito dello scioglimento/sospensione del contratto debba venir meno anche la validità del “patto di compensazione”; in particolare, è stato affermato che “ solo attraverso il ricorso allo strumento autorizzativo allo scioglimento od alla sospensione del rapporto contrattuale è possibile neutralizzare gli effetti dei contratti in essere ritenuti pregiudizievoli, con conseguente effetto caducatorio dei patti (principali ed accessori) assunti precedentemente” (Tribunale di Monza, 27 novembre 2013, n. 12609/13, www.ilcaso.it), come ad esempio il “patto di compensazione” previsto contrattualmente.

Tale orientamento, inoltre, viene avvalorato dalla volontà da parte del debitore di “ paralizzare l’incasso delle somme da parte della banca, al fine di non alterare la par condicio ed il principio di cristallizzazione del passivo alla data di deposito del ricorso ” (Tribunale di Treviso, 18 luglio 2014, www.ilcaso.it, e nello stesso senso molte altre sentenze).

Vi sono, tuttavia, pronunce giurisprudenziali in senso contrario (tra le varie, Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013, www.ilcaso.it, 9155) che riprendono la più recente pronuncia della Cassazione sul punto (n. 17999 del 1 settembre 2011,comunque anteriore all’introduzione dell’art. 169 bis), secondo cui sarebbe sufficiente la presenza del c.d. “patto di compensazione” affinché la banca abbia il diritto a compensare il proprio credito con le somme riscosse successivamente all’ammissione del debitore alla procedura di concordato preventivo, a nulla rilevando il principio di cristallizzazione dei crediti e lo sfasamento temporale tra crediti e debiti della banca (i primi anteriori alla procedura ed i secondi posteriori).

La Cassazione non ha ancora avuto modo di esprimersi su casi post applicazione dell’art. 169 bis L.F. (e quindi dopo l’11 settembre 2012); un suo intervento sarebbe quanto mai necessario per fornire delle linee guida comuni.

Sul punto, si veda anche la pronuncia del Tribunale di Milano del 28 maggio 2014 (Pres. Lamanna, Est. D’Aquino, www.ilcaso.it) per certi versi innovativa, che affronta contemporaneamente tutte le tre questioni sopra riportate. In breve, i Giudici milanesi, pur negando la possibilità per i contratti di anticipazione bancaria di rientrare nella disposizione di cui all’art. 169 bis L.F., in quanto prestazioni unilaterali (aderendo quindi all’ipotesi 2.a1) sopra riportata), concedono la possibilità di richiedere lo scioglimento/sospensione del solo mandato all’incasso, ovviando in tal modo la questione circa l’ammissibilità di tali contratti nel perimetro di cui all’art. 169 bis L.F.. E in effetti molte sentenze successive si sono pronunciate soltanto sulla validità del patto di compensazione, al di là della situazione contingente (quindi senza considerare se ed in quanto i contratti fossero stati sospesi o sciolti o fossero in corso).

4) La giurisprudenza

Abbiamo una copiosa giurisprudenza, sul punto, ma con esiti contrastanti.

In particolare, come detto, la Cassazione non si è ancora pronunciata, per casi insorti dopo l’entrata in vigore del nuovo art. 169 bis L.F..

Posto che se non esiste un patto di compensazione la stessa non può essere effettuata, le sentenze che riportiamo analizzano invece il caso in cui il patto esista.

4.1 Le sentenze per la non compensabilità

In nota riportiamo, in ordine cronologico, le sentenze che si sono pronunciate per la NON compensabilità dell’incasso successivo alla procedura[4].

Si tratta di sentenze per la gran parte riferite a questioni iniziate prima dell’introduzione dell’art. 169 bis L.F.. Ne analizziamo alcune.

Secondo la Cassazione (n. 22277 del 25 settembre 2017), riferita ad un caso sorto prima dell’11 settembre 2012, “In caso di ammissione del debitore al concordato preventivo, la compensazione tra i suoi debiti ed i crediti da lui vantati nei confronti dei creditori postula, ai sensi dell'art. 56 l.fall. (richiamato dall'art. 169 l.fall.), che i rispettivi crediti siano preesistenti all'apertura della procedura concorsuale; essa, pertanto, non può operare nell'ipotesi in cui il debitore abbia conferito ad una banca, anche di fatto, un mandato all'incasso di un proprio credito, e la banca abbia ritenuto di compensare il relativo importo con crediti da essa vantati. A differenza della cessione di credito, infatti, il mandato all'incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, bensì l'obbligo di quest'ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all'atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest'ultima abbia avuto luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione. Tuttavia, qualora la banca abbia trattenuto le somme riscosse invocando la compensazione, e non le abbia perciò rese alla procedura, l’istituto di credito potrà essere ammesso al passivo solo limitatamente alle somme di cui risulti ancora creditore all’esito della compensazione”.

Secondo il Tribunale di Pisa (8 maggio 2019, www.unijuris.it) il patto di compensazione non può operare, post presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo. E ciò in quanto non c’è coincidenza di momenti genetrici in cui sono sorti entrambi i crediti; momenti che dovrebbero essere anteriori all’inizio della procedura. Ne consegue che la banca è tenuta al pagamento alla procedura di quanto incassato su mandato del convenuto.

Abbiamo anche Tribunale di Perugia, 18 luglio 2018 (www.ilcaso.it), così massimato: “è ammissibile la sospensione dei contratti bancari c.d. autoliquidanti ex art. 169-bis l.fall. nella fase del concordato in bianco, laddove il credito anticipato non sia stato ceduto, se l’istituto esercita il mandato all’incasso e riceve il pagamento successivamente all’apertura del concorso. In tale evenienza, infatti, il credito dell’istituto bancario sorge successivamente alla pubblicazione del ricorso ex art. 161 l.fall. nel registro delle imprese e non può essere compensato ex artt. 169 – 56 l. fall., e la prestazione dell’istituto di credito non si esaurisce con l’erogazione dell’anticipazione: residua infatti per la banca, dopo l’apertura del concorso, l’adempimento del mandato all’incasso, prestazione che non può considerarsi interamente esaurita e qualifica il rapporto come non compiutamente eseguito da entrambe le parti e perfettamente sussumibile entro la fattispecie dell’art. 169-bis l.fall.”.

Secondo il Tribunale di Massa (5 giugno 2018, www.ilcaso.it) il mandato all’incasso di fatture conferito dal proponente un concordato ad una banca anteriormente alla domanda non consente la compensabilità del successivo incasso.

Il Tribunale di Udine (est. Fabbro, 12 gennaio 2018, www.licaso.it) ha così sentenziato: “L’eventuale cessione del credito eccepita dalla banca per contrastare gli effetti derivanti dallo scioglimento dei rapporti di mandato all’incasso relativi alle linee autoliquidanti è opponibile al debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo solo se notificata in data anteriore alla domanda di concordato e ciò per effetto del richiamo all’art. 45 l.fall. operato dall’art. 169 l.fall., il quale rende prive di effetto rispetto ai creditori le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi se compiute dopo la presentazione della domanda concordataria. Lo scioglimento del contratto pronunciato ai sensi dell’art. 169 - bis l.fall. comporta il venir meno dell’eventuale patto accessorio di compensazione stipulato con la banca” (cfr. Trib. Monza, 27 novembre 2013; Trib. Rovigo 7 ottobre 2014; Trib. Como 3 ottobre 2016; App. Brescia 1 giugno 2016).

Il Tribunale di Milano (2 marzo 2017, Pres. Est. Paluchowski, www.ilcaso.it) ha così sentenziato: “in tema di anticipazione su ricevute bancarie regolate in conto corrente, qualora le operazioni siano compiute anteriormente all’ammissione del correntista alla procedura di concordato preventivo è necessario accertare, nel caso in cui questo agisca per la restituzione delle somme successivamente incassate dalla banca, se la convenzione relativa alla specifica anticipazione contenga una clausola attributiva del diritto di “incamerare” le somme riscosse in favore della banca stessa (cd. patto di compensazione o di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto), atteso che in tale ipotesi, come avviene al venir meno di un qualsiasi rapporto di conto corrente bancario, quest’ultima ha diritto di compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito verso lo stesso, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, senza che rilevi l’anteriorità del credito e la posteriorità del debito, in quanto in tale ipotesi non opera il principio della “cristallizzazione dei crediti” che la proposizione della domanda di concordato di regola comporta” (cfr. Corte di Cassazione 1/09/2011 n. 17999).

Il Tribunale di Bolzano, 5 aprile 2016 ( www.ilcaso.it) così ha sentenziato: “l’anticipazione bancaria accompagnata da cessione di crediti in favore della banca che sia stata notificata al debitore prima della pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel registro delle imprese è opponibile alla procedura e gli effetti traslativi della cessione impediscono che alla fattispecie possa essere applicata la disciplina dei contratti pendenti di cui all’art. 169 - bis l.fall..

I contratti bancari autoliquidanti che prevedano il patto di compensazione o il mandato all’incasso sono il frutto di un complesso di negozi tra loro strettamente connessi e collegati durante lo svolgimento dei quali permane a carico della banca l’obbligo di provvedere all’incasso dei crediti oggetto di anticipazione e di dare esecuzione alla compensazione, garantendo un comportamento diligente nella gestione dei rapporti ed il perdurare di un servizio di cassa nel limite dell’importo pattuito; detti contratti rientrato, pertanto, nel perimetro di applicazione dell’art. 169 – bis l.fall., con la precisazione che l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei medesimi coinvolgerà anche i rapporti giuridici ad essi strettamente connessi, quali il mandato in rem propriam o il patto di compensazione che siano opponibili alla massa dei creditori in quanto notificati al debitore in data anteriore alla pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese. Per evitare che i crediti incassati successivamente alla domanda di concordato vadano a ridurre il credito bancario a discapito degli altri creditori, è necessario che sia ottenuta l’autorizzazione del tribunale fallimentare a sospendere l’efficacia dei contratti bancari: solo con la sospensione delle linee di credito e dei rapporti negoziali ad esse connessi, quali il mandato all’incasso e il patto di compensazione, è infatti possibile cristallizzare il saldo debitorio nei confronti della banca e impedire che esso venga progressivamente ridotto dalle rimesse relative ai crediti oggetto di anticipazione”.

Nello stesso senso Tribunale di Como (3 ottobre 2016, www.ilcaso.it) secondo il quale “in relazione all’applicabilità della compensazione ex artt. 169 e 56 l.fall., in caso di operazioni commerciali riferibili ad un unico rapporto di conto corrente, non potrebbe in realtà, già a monte, operare il meccanismo compensativo – che presuppone l’alterità dei rapporti giuridici – ma si verificherebbe un mero effetto contabile di elisione delle poste attive e passive, poiché il rapporto contrattuale è unitario” [5].

4.2 Le sentenze per la compensabilità

Per contro, abbiamo anche numerose sentenze contrarie, che si sono quindi pronunciate per l’applicabilità del patto di compensazione post ingresso alla procedura. Si veda il dettaglio in nota [6].

Analizziamo dapprima qualche sentenza della Cassazione, in ogni caso sempre riferita a casi sorti ante l’entrata in vigore della modifica dell’art. 169 bis L.F., e quindi casi sorti ante l’11 settembre 2012.

Cassazione n. 10091 del 10 aprile 2019 , questa la massima: “Il patto di compensazione della banca per l’anticipo erogato sulle ricevute bancarie può essere operato anche dopo la domanda di concordato della società cliente, perché nel caso di anticipazione su ricevute bancarie non può ritenersi operante la cristallizzazione dei crediti. Pertanto la banca ha il diritto di incamerare le somme riscosse presso i clienti della società affidata, facendo operare il patto di compensazione anche successivamente alla richiesta di concordato”. Invero la sentenza di riferisce ad un concordato, cui aveva fatto seguito il fallimento, per una fattispecie in parte differente (incasso di titoli trattenuti in funzione di un mandato all’incasso). Nella sentenza si fa riferimento al patto di compensazione per le ricevute bancarie, ritenuto il caso assimilabile alla fattispecie de quo e in ogni caso efficace. A nostro avviso si tratta di un OBITER DICTUM, o comunque di un riferimento errato. L’incasso nella fattispecie trattenuto non proveniva da terzi, ma a quanto si capisce, dalle stesse attività aziendali.

Cassazione n. 3336 del 19 febbraio 2016 : il riferimento era ad una amministrazione controllata poi sfociata in fallimento. Il patto di compensazione è stato ritenuto valido ed efficace: “la banca ha diritto a “compensare” il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore, poiché in siffatta ipotesi non può ritenersi operante il principio della “cristallizzazione dei crediti”, con la conseguenza che né l’imprenditore durante l’amministrazione controllata, né il curatore fallimentare – ove alla prima procedura sia conseguito il fallimento – hanno diritto a che la banca riversi in loro favore le somme riscosse (anziché porle in compensazione con il proprio credito)”.

Cassazione n. 17999 dell’1 settembre 2011 , relativamente ad una amministrazione controllata. La Suprema Corte ha ritenuto che non potesse invocarsi il principio di c.d. “cristallizzazione dei crediti” nell’ipotesi in cui il contratto di anticipazione bancaria assistito da mandato all’incasso contemplasse altresì un pactum de compensando, ovvero una specifica clausola contrattuale di c.d. “annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto”. In caso di sussistenza di una simile clausola, infatti, la Cassazione ha ritenuto compensabili le posizioni creditorie e debitorie della banca in presenza di un mandato all’incasso. Si trattava di una amministrazione controllata. Si è trattato di una sentenza non molto argomentata, ma che comunque ha riscontrato un significativo seguito nella giurisprudenza di merito.

Il Tribunale di Vicenza (12 giugno 2015, www.expartecreditoris.it) si è così pronunciato: “quanto invece all’anticipazione di crediti dietro mandato all’incasso e patto di compensazione, sempre escludendo che possa operarsi lo scioglimento del solo rapporto di mandato o del solo patto di compensazione, in quanto concepiti come strumentali all’autoliquidazione della provvista e al rientro dall’anticipazione e dunque ad essa inscindibilmente collegati, lo scioglimento/recesso dovrebbe innanzitutto misurarsi con l’irrevocabilità del mandato in rem propriam, quale quello conferito alla banca appunto, ma, soprattutto, con il fatto che lo scopo pratico dell’operazione dovrebbe comunque rinvenirsi nella cessione del credito, con la conseguenza che lo scioglimento non potrebbe comunque impedire alla banca di continuare ad incassare i crediti per i quali abbia effettuato l’anticipazione e conseguentemente ricevuto mandato di incasso, come anche riconosciuto dalla Cassazione, che, in tema di fallimento, ha avuto modo di affermare che “In caso di mandato in rem propriam che integri una cessione di credito con funzione solutoria, seguito dal fallimento del creditore cedente, l’effetto sostanziale dell’avvenuta cessione, che fa uscire il credito dal patrimonio del fallito, prima della dichiarazione di fallimento (salva l’esperibilità della revocatoria fallimentare), non solo preclude l’applicazione dell’art. 78 l.fall., ma neppure legittima gli organi della curatela alla revoca del mandato per giusta causa, ex art. 1723 c.c.” (cfr. Cass. 18316/2014).

La massima sembra trasponibile, mutatis mutandis, al concordato, impedendo al debitore istante di sciogliersi dal mandato all’incasso in rem propriam, avendo esso causa concreta di cessione di credito.

In conclusione dunque la domanda di scioglimento dai rapporti va rigettata, non ravvisandosi alcun concreto interesse per la massa”.

5) Le anticipazioni bancarie nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII)

L’articolo 155 del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non consente la compensazione fra un credito della massa (ed è quello verso il mandatario per la restituzione delle somme pagate al terzo, appunto) ed un credito concorsuale (che è quello del mandatario per precedenti finanziamenti o anticipazioni al mandante anteriormente alla dichiarazione di fallimento).

Ma ove invece si dovesse intendere che il rapporto “unitariamente inteso continui (art. 97 CCII), le somme pagate dal terzo e annotate in conto dovrebbero essere razionalmente destinate (soprattutto nel caso di concordato con continuità aziendale) a ripristinare la provvista per ulteriori utilizzazioni, non a soddisfare il pregresso credito della banca, che l’autorizzazione allo scioglimento dovrebbe per l’appunto scongiurare; ma è evidente che in presenza del blocco dei fidi (che normalmente consegue in una situazione di insolvenza) l’unica funzione attribuibile alla sopravvivenza del patto di compensazione non può essere altro che quella di consentire un soddisfacimento preferenziale, con palese violazione della par condicio creditorum”.

“Nella medesima direzione nel senso dello scioglimento delle linee di credito autoliquidanti un argomento ulteriore era offerto dal terzo comma dell’art. 182 quinquies l.fall., ora trasfuso nell’ultima proposizione del secondo comma dell’art. 99 CCII, secondo cui la richiesta del debitore di autorizzazione, da parte del tribunale, in caso di continuità aziendale, per contrarre finanziamenti interinali “funzionali all’esercizio dell’attività aziendale”, può avere ad oggetto “anche il mantenimento delle linee di credito autoliquidanti in essere al momento del deposito della domanda”; trattandosi di linee di credito “in essere” la disposizione riguarda evidentemente un rapporto bancario “pendente”, per il quale tuttavia l’autorizzazione del tribunale è prevista non per il suo scioglimento, ove appunto quella autorizzazione non sia richiesta o non sia accordata, con tutte le relative conseguenze anche per ciò che riguarda l’eventuale patto di compensazione, se l’operazione “autoliquidante” è caratterizzata (non da una cessione di credito, ma come detto) da un mandato in rem propriam” [7].

6) Conclusioni

Come si è visto, non esiste una unica tesi condivisa, circa la applicabilità o meno del patto di compensazione, in presenza della presentazione di una domanda di ammissione al concordato preventivo, per le somme incassate dall’istituto di credito successivamente alla presentazione, da parte dell’impresa finanziata, della domanda.

Indipendentemente dalla questione giuridica sul fatto che si tratti di un contratto in corso o meno, la giurisprudenza non è univoca, sul punto.

La Cassazione non ha ancora avuto modo di pronunciarsi su casi insorti successivamente alla variazione intervenuta appunto all’art. 169 bis L.F. che tratta dei contratti in corso in presenza di concordato preventivo.

Tenuto conto delle incertezze giurisprudenziali, si auspica un intervento normativo, in merito; ne trarrebbero vantaggio le società nel loro complesso.

A nostro avviso, ove non si sia perfezionata una cessione di credito opponibile, ma si sia solamente in presenza di un mandato all’incasso, ancorché con patto di compensazione, lo stesso si deve intendere inapplicabile, per via dell’intervenuta procedura concorsuale, che rende non compensabili crediti di massa con altre posizioni pregresse.

Le pronunce di Cassazione intervenute sono tutte riferite a questioni sorte ante la riforma del 2012. Se ora, per effetto dell’art. 169 bis L.F., l’impresa chiede e ottiene lo scioglimento del contratto di anticipazione, ne consegue che anche il patto di compensazione verrà meno, essendo a questa un patto accessorio.

Stupisce un po’ osservare come pochi abbiano trattato il tema del patto, in assenza di richiesta di scioglimento. La tesi più ovvia è che si applichi quanto definito ante riforma del concordato, e quindi sostanzialmente che il patto di compensazione non possa più applicarsi.



[1] Nostri precedenti interventi: “I contratti bancari nel concordato preventivo”, ne IlCaso.it, 26/05/2015; “Concordato: il debitore può “bloccare” il patto di compensazione”, ne Il Sole 24 ORE, 1/10/2014; “Sorte dei contratti bancari autoliquidanti nel concordato preventivo”, ne Il Caso, 20/09/2014; “Concordato preventivo e contratti pendenti dopo il 169-bis”, ne Il Commercialista Veneto, Maggio/Giugno 2014; “Anticipo fatture e concordato preventivo”, ne Il Fallimentarista, 22/05/2013; “Contratti pendenti: sospensione e scioglimento nel concordato i continuità e nel concordato in bianco. I contratti bancari, in particolare”, ne Il Fallimentarista, 14/05/2013.

[2] Così recita l’art. 169 bis – contratti in corso di esecuzione introdotto dall’art. 33 DL 83/2012 (Decreto Sviluppo) convertito con modificazioni nella legge 183/2012 ed applicabile a procedure insorte dopo l’11 settembre 2012: “ Il debitore nel ricorso di cui all’art. 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il Giudice Delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.

Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonché ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, 72 ter e 80 primo comma” .

[3] In mancanza del piano è necessario che la richiesta sia supportata da elementi concreti. Ove non addotti dal richiedente, il giudice può ricavarli dalla relazione del Commissario giudiziale al quale può richiedere di valutare l’utilità della sospensione rispetto agli interessi dei creditori.

L’interpretazione della normativa fornita dai giudici di Bergamo è in linea con il nuovo Codice della crisi. Il D.Lgs. 14/2019 (in vigore dal 15 agosto 2020), anche sulla scorta delle indicazioni pervenute dalla giurisprudenza e con l’obiettivo di rafforzare lo strumento del concordato soprattutto in relazione alla continuità aziendale, prevede infatti espressamente la possibilità di chiedere la sospensione dei contratti in caso di concordato in bianco prima della presentazione del piano e fissa come termine massimo proprio il termine per la presentazione del piano stabilito dal Tribunale.

[4] Dettaglio delle sentenze per la NON applicabilità del patto di compensazione, sentenze di Cassazione tutte riferite a casi sorti ante l’11 settembre 2012:

- Cassazione n. 22277 del 2017;

- Cassazione n. 10548 del 2009;

- Cassazione n. 578 del 2007;

- Cassazione S.U. n. 7751 del 1999;

- Cassazione n. 9030 del 1995;

- Cassazione n. 11988 del 1990;

- Cassazione n. 3879 del 1985;

- Cassazione n. 1182 del 1981.

Corti di merito:

- Tribunale di Treviso, 20 giugno 2019 (www.ilfallimentarista.it);

- Tribunale di Bologna, 22 maggio 2019 (www.ilfallimentarista.it);

- Tribunale di Pisa, 8 maggio 2019 (www.ilfallimentarista.it);

- Tribunale di Bergamo, 3 aprile 2019 (www.ilfallimentarista.it);

- Tribunale di Perugia, 18 luglio 2018 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Massa, 5 giugno 2018 (www.unijuris.it);

- Tribunale di Udine, 12 gennaio 2018 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Milano, 2 marzo 2017 (www.unijuris.it;

- Tribunale di Como, 3 ottobre 2016 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Brescia, 1 giugno 2016 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Bolzano, 5 aprile 2016 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Milano, 23 febbraio 2016 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Bergamo, 28 gennaio 2016 (relativamente allo scioglimento, www.ilcaso.it);

- Tribunale di Rovigo, 20 ottobre 2015 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Prato, 23 settembre 2015 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Verona, 31 agosto 2015 ( www.ilcaso.it);

- Tribunale di Reggio Emilia, 11 marzo 2015 ( www.ilfallimentarista.it );

- Tribunale di Venezia, 20 gennaio 2015 (www.ilfallimento.it);

- Tribunale di Pavia, 24 novembre 2014 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Ravenna, 22 ottobre 2014 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Rovigo, 7 ottobre 2014 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Treviso, 18 luglio 2014 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Milano, 28 maggio 2014 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Pordenone, 12 febbraio 2014 ( www.ilcaso.it);

- Tribunale di Padova, 7 gennaio 2014 (www.ilfallimentarista.it);

- Tribunale di Pordenone, 10 dicembre 2013 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Monza, 27 novembre 2013 ( www.ilcaso.it);

- Tribunale di Cuneo, 14 novembre 2013 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Piacenza, 1 marzo 2013 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Busto Arsizio, 11 febbraio 2013 ( www.ilcaso.it);

- Tribunale di Milano, 11 dicembre 2012 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Como, 5 novembre 2012 ( www.ilcaso.it);

- Tribunale di Terni, 12 ottobre 2012 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Torino, 20 gennaio 2010 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Milano, 2 marzo 2001 (www.ilcaso.it).

[5] Fabio Cesare, Ammissibili lo scioglimento e/o la sospensione delle linee di credito auto liquidanti, ne Il Fallimentarista, 17/05/2019.

[6] Dettaglio sentenze per l’applicabilità del patto di compensazione, sentenze di Cassazione tutte riferite a casi ante l’11 settembre 2012:

- Cassazione n. 10091 del 2019;

- Cassazione n. 3336 del 2016 (relativamente ad una amministrazione controllata);

- Cassazione n. 17999 del 2011 (relativamente ad una amministrazione controllata);

- Cassazione n. 8752 del 2011;

- Cassazione n. 4205 del 2001;

- Cassazione n. 2539 del 1998;

- Cassazione n. 7194 del 1997;

- Cassazione n. 6558 del 1997;

- Cassazione n. 6870 del 1994.

Corti di merito:

- Tribunale di Modena, 1 marzo 2018 (www.expartecreditoris.it);

- Tribunale di Trento, 6 luglio 2017 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Como, 3 ottobre 2016 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Venezia, 23 dicembre 2015 (www.ilfallimento2015.it);

- Tribunale di Reggio Emilia, 8 luglio 2015 ( www.ilcaso.it);

- Tribunale di Vicenza, 12 giugno 2015 (www.expartecreditoris.it);

- Tribunale di Ancona, 3 giugno 2015 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Livorno, 19 maggio 2015 ( www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Venezia, 11 marzo 2015 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Milano, 9 gennaio 2015 (www.ilcaso.it);

- Tribunale di Reggio Emilia, 18 dicembre 2014 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Venezia, 26 novembre 2014 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Udine, 22 agosto 2014 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Genova, 10 febbraio 2014 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Monza, 27 novembre 2013 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Cuneo, 14 novembre 2013 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Brescia, 19 giugno 2013 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Padova, 23 maggio 2013 ( www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Lucca, 21 maggio 2013 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Treviso, 12 ottobre 2012 (www.ilcaso.it);

- Corte di Appello di Bergamo, 19 ottobre 2011 (www.unijuris.it);

- Tribunale di Roma, 21 aprile 2010 (www.tidona.com).

[7] Paolo Felice Censoni, Il Fallimento, 7/2019 p. 876

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