Il coacervo delle donazioni
di Giuseppe Rebecca e Alessandra Gamba
blog.ilcaso.it, 28 agosto 2020
1. L’imposta sulle successioni e donazioni è stata originariamente introdotta nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346; successivamente, è stata abrogata con decorrenza dal 25/10/2001 dalla Legge 18 ottobre 2001, n. 383, il cui art. 13, co. 1, disponeva “l’imposta sulle successioni e donazioni è soppressa”.
Il successivo D.L. n. 262/2006, convertito nella Legge 24 novembre 2006, n. 286, ha introdotto ex novo l’imposta in questione (il testo normativo del 2006 parla chiaramente di istituzione di una nuova imposta, seppur regolamentata in parte con rimando alle precedenti disposizioni in materia), disponendo, all’art. 2, co. 47, che “è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni”, con decorrenza dal 03/10/2006 per le successioni e dal 29/11/2006 per le donazioni (art. 2 del D.L. n. 262/2006, convertito nella Legge 24 novembre 2006, n. 286). Con l’introduzione della nuova imposta, sono state previste specifiche franchigie entro le quali l’imposta non è dovuta. Attualmente, in particolare, a norma dell’art. 2 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, comma 48, l’imposta sulle successioni e donazioni a favore del coniuge e dei parenti in linea retta (dunque, genitori/figli) è dovuta nella misura del 4% sulla parte eccedente il valore di Euro 1.000.000,00; tale importo, previsto per ciascun beneficiario, rappresenta una franchigia entro la quale l’imposta non è dovuta.
Tra l’altro, tale franchigia avrebbe dovuto essere oggetto di aggiornamento quadriennale. Ma ad oggi, dopo circa 14 anni, nessun aggiornamento è mai stato effettuato, né peraltro risulta che chicchessia lo abbia richiesto. E questo probabilmente è stato dovuto dal timore di una possibile revisione in peius di tutta la struttura dell’imposta, come più volte anche recentemente ipotizzato.
Si tratta in ogni caso di due differenti imposte (donazione e successione), ancorché disciplinate in modo unitario, e un effetto di tale differenziazione lo si ha anche, come vedremo, ai fini del coacervo.
2. Per coacervo si intende il cumulo delle donazioni pregresse, ante successione o precedente donazione, al fine di verificare la residua disponibilità della franchigia.
Il susseguirsi delle citate disposizioni che hanno introdotto, eliminato e re-introdotto l’imposta sulle successioni e donazioni ha determinato una incertezza circa il corretto inquadramento delle donazioni effettuate nel periodo compreso tra il 25/10/2001 e il 28/11/2006, durante il quale la relativa imposta era stata abrogata; ovvero se, ai fini dell’erosione delle franchigie previste, rilevino le donazioni fatte ante riforma del 2006, nel periodo di abrogazione dell’imposta. E come si vedrà, analoghe problematiche si pongono per donazioni ante 2001. Si tratta dell’istituto del c.d. coacervo, disciplinato, ante abrogazione del 2001, dall’art. 7, co. 2-quater, del D. Lgs. n. 346/1990; in termini semplici, esso prevedeva che, ai fini della determinazione dell’imposta dovuta, e quindi solo per la determinazione della aliquota applicabile (allora progressiva, oggi basata su aliquote fisse, a prescindere dall’importo della base imponibile), rilevassero tutte le donazioni anteriormente fatte dal donante a quello specifico donatario, comprese le donazioni presunte di cui all’art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate nell’art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell’imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59 (art. 57 del D.L. n. 346/1990, come modificato dall’art. 69 della legge n. 342/2000). Altro riferimento al coacervo era contenuto nell’art. 8, co. 4, del D.Lgs 31/10/1990, n. 346, ai soli fini della determinazione dell’aliquota di imposta allora applicabile.
Le norme del 2006 che hanno introdotto la nuova imposta sulle successioni e donazioni, nulla ha disposto in tema di coacervo. Tale “omissione” è giustificata dal fatto che oggi (o meglio, dalla nuova introduzione del 2006) l’imposta si applica sulla base di aliquote fisse, e non progressivamente, ragione per cui non avrebbe avuto senso disciplinare un “nuovo coacervo”, dal momento che lo stesso serviva per determinare l’importo dell’imposta applicata a scaglioni.
Pertanto, una volta soppresso con l’abrogazione del 2001, l’istituto del coacervo non è stato più reintrodotto.
Sia la giurisprudenza, di merito e di legittimità, sia la più autorevole dottrina sono concordi nel ritenere che nell’attuale quadro normativo il coacervo non esiste, e che le donazioni intervenute nel periodo di abrogazione della norma sulle donazioni NON debbano essere considerate in sede di successive donazioni e/o successioni, al fine della verifica della franchigia residua.
3. Inesistenza del coacervo delle donazioni nella giurisprudenza di legittimità.
a) Le prime sentenze (n. 24940/2016 e n. 26050/2016) della Corte di Cassazione
Preme evidenziare come non esista alcuna disposizione normativa a sostegno della rilevanza – ai fini dell’erosione della franchigia – degli atti di donazione intervenuti nel periodo in cui la relativa imposta era stata abrogata.
Al contrario, sia la dottrina sia la giurisprudenza - di merito e di legittimità - sono fermamente orientate a favore dell’irrilevanza di tali atti.
Al riguardo si segnala la sentenza della Corte di Cassazione del 6 dicembre 2016, n. 24940 la quale ha negato con fermezza l’esistenza del coacervo e ha rilevato che l’istituto del coacervo non è più disciplinato in materia successoria fin dal passaggio da aliquote a scaglioni ad aliquote fisse di cui all’art.69 della L. 342/2000: “… la previsione di cui al citato D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 8, comma 4, - prescrivente il coacervo (o cumulo) del donatum con il relictum - non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposizione), ma unicamente a stabilire una forma di riunione fittizia nella massa ereditaria dei beni donati, ai soli fini della determinazione dell'aliquota da applicare per calcolare l'imposta sui beni relitti. Il sistema della ‘riunione fittizia’, in altri termini, operava in funzione antielusiva, così da evitare che il compendio ereditario venisse sottratto all'imposizione progressiva mediante preordinate donazioni in vita. Ora, fermo restando che - come poc'anzi evidenziato - il cumulo non sortiva effetto impositivo del donatum, ma soltanto effetto determinativo dell'aliquota progressiva, si ritiene logica e coerente conseguenza che, eliminata quest'ultima in favore di un sistema ad aliquota fissa sul valore non dell'asse globale ma della quota di eredità o del legato, non vi fosse più spazio per dar luogo al coacervo. Nè, una volta differenziate le aliquote di legge sulla base del criterio primario non dell'ammontare crescente del compendio ereditario ma del rapporto di parentela, poteva residuare alcuna ratio antielusiva.
[…] Non è pertanto qui in discussione il principio generale di irretroattività della norma impositiva quanto - se mai - quello di abrogazione implicita per incompatibilità applicativa di una disposizione per effetto della formale modificazione del regime impositivo di riferimento contenuto in un'altra disposizione; modificazione a seguito della quale la prima disposizione non ha più ragione, nè modo, di operare.”.
Nello stesso senso, anche la sentenza della Cassazione 16 dicembre 2016, n. 26050/2016.
b) Successivamente si ha Corte di Cassazione, Ordinanza 23 maggio 2018, n. 12779
“Non vi sono ragioni per non dare seguito all’orientamento già espresso da questa corte di legittimità, per la prima volta investita della specifica questione, con le sentenze nn. 24940/16 e 26050/2016. (…).
La tesi dell’amministrazione finanziaria propugna la conservazione, nel tempo, di un istituto giuridico in forza di un processo puramente ermeneutico volto a supplire la lacuna legislativa creatasi nel susseguirsi delle discipline che ha riguardato l’imposta in oggetto (…).
(…) non si ritiene che la soluzione sostenuta dall’amministrazione finanziaria possa trovare accoglibilità sul piano meramente interpretativo.”
c) Ed inoltre Corte di Cassazione, Ordinanza 19 dicembre 2018, n. 32819
La Corte di Cassazione con l’Ordinanza del 19 dicembre 2018, n. 32819, ha ribadito “l’orientamento reiteratamente espresso, anche di recente, da questa Corte secondo cui ‘In tema d’imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza della L. n. 342 del 2000, art. 69, deve ritenersi implicitamente abrogato il D.lgs. n. 346 del 1990, art. 8, comma 4, che prevedeva il cumulo del donatum con il relictum al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato (Cass. n. 24940/2016, n. 26050/2016, n. 12779/2018); (…) la pretesa dell’amministrazione è infondata … in quanto il suo accoglimento comporterebbe un maggior prelievo fiscale all’esito di un’erosione di franchigia indotta da donazioni poste in essere (ottobre 2001 / ottobre 2006) allorquando l’imposta di successione non esisteva (‘più’ ed ‘ancora’)”.
Nello stesso senso, sempre il 19 dicembre, ordinanze n. 32818 e 32822.
d) Corte di Cassazione, Ordinanza 19 dicembre 2018, n. 32830
“Questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato dal quale non vi è ragione per discostarsi (…) che la previsione di cui al citato D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 8, comma 4 – prescrivente il coacervo del donatum con il relictum – non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposizione), ma unicamente a stabilire una forma di ‘riunione fittizia’ nella massa ereditaria dei beni donati, ai soli fini della determinazione dell’aliquota da applicare per calcolare l’imposta sui beni relitti. Il sistema della ‘riunione fittizia’, in altri termini, operava in funzione chiaramente antielusiva, così da evitare che il compendio ereditario venisse sottratto all’imposizione progressiva mediante preordinate donazioni in vita da parte del de cuius. Ora, fermo restando che – come poc’anzi evidenziato – il ‘cumulo’ non sortiva effetto impositivo del donatum, ma soltanto effetto determinativo dell’aliquota progressiva, si ritiene logica e coerente conseguenza che, eliminata quest’ultima in favore di un sistema ad aliquota fissa sul valore non dell’asse globale ma della quota di eredità o del legato, non vi fosse più spazio per dar luogo al coacervo. Né, una volta differenziate le aliquote di legge sulla base del criterio primario non dell’ammontare crescente del compendio ereditario ma del rapporto di parentela, poteva residuare alcuna ratio antielusiva. In tale situazione normativa sono poi sopravvenute la soppressione dell’imposta sulle successioni e donazioni (…) e la sua restituzione (…). Disciplina, quest’ultima, che ha anche formalmente eliminato, abrogandola espressamente nell’art. 2, comma 52, la norma … che costituiva … il riferimento e presupposto imprescindibile del citato art. 8, comma 4. È vero che la disciplina qui applicabile … richiama ‘per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54’ le disposizioni del D.Lgs. n. 346 del 1990 ‘in quanto compatibili’, ma le ragioni di incompatibilità del cumulo ex art. 8 cit. permangono e trovano conferma anche alla luce della disciplina della reintrodotta imposta di successione applicata anch’essa secondo aliquote fisse sul valore complessivo dei beni devoluti a ciascun erede o legatario in ragione del rapporto di parentela. Né può ritenersi che il cumulo ex art. 8 cit. sia tuttora vigente al residuale fine di individuare la base imponibile al netto della franchigia esente da imposta.
Da un lato, la lettera e la ratio dell’art. 8, comma 4, erano inequivoche nel limitare la rilevanza del cumulo ‘ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili’, e non altrimenti (così come ritenuto anche dalla citata giurisprudenza di legittimità); dall’altro, la L. n. 286 del 2006 ha rimodulato il regime della franchigia sull’imposta di successione e sulle donazioni … anche mediante abrogazione … della disposizione … che precludeva la fruizione della franchigia sulla prima imposta qualora già fatta valere, e fino alla concorrenza del valore di fruizione, sulla seconda. Dal che si evince ulteriore e definitivo elemento di incompatibilità del ‘cumulo’ posto a base della maggiore imposta di cui agli avvisi di liquidazione in oggetto (in tal senso Cass. 26050/2016; Cass. 24940/2016)”.
e) Corte di Cassazione, Ordinanza 15 gennaio 2019, n. 758
“L’orientamento giurisprudenziale di questa Corte ha infatti confermato il seguente principio: ‘In tema d’imposta di successione, intervenuta la soppressione del sistema dell’aliquota progressiva in forza della L. n. 342 del 2000, art. 69, deve ritenersi implicitamente abrogato il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 8, comma 4, che prevedeva il cumulo del donatum con il relictum al solo fine di determinare l’aliquota progressiva da applicare, attesa la sua incompatibilità con il regime impositivo caratterizzato dall’aliquota fissa sul valore non dell’asse, ma della quota di eredità o del legato’ (Cass. n. 24940/16; nello stesso senso Cass. n. 26050/2016; 12779/2018)”.
f) Ordinanza della Corte di Cassazione n, 10255 del 29 maggio 2020
Con tale recente ordinanza la Cassazione riconferma le tesi sopra esposte, in riforma della sentenza CTR Lazio n 202/28/13 del 30 luglio 2013. Oltre a un richiamo a precedenti ordinanze, la Cassazione così afferma:” Deve precisarsi che questa Corte (Cass. nn.29739 del 2008;n.5972 del 2007) ha, altres’, affermato che l’art.8, comma 4, cit.- laddove prescrive il coacervo (o cumulo) del donatum con il relictum – non era finalizzato a ricomprendere nella base imponibile anche il donatum (oggetto di autonoma imposizione), ma unicamente a stabilire una forma di “ riunione fittizia “nella massa ereditaria ei beni donati, ai soli fini della determinazione dell’aliquota da applicare per calcolare l’imposta sui beni relitti. Il sistema della “riunione fittizia “, in altri termini, operava in funzione antielusiva, così da evitare che il compendio ereditario venisse sottratto all’imposizione progressiva mediante preordinate donazioni in vita”.
“Deve dunque ritenersi che, anche prima della formale abrogazione dell’art.7 (co.1-2 quater) d.lgs. n. 346 del 1990 ad opera dell’art. 2, comma 50, della legge n.286 del 2006, il disposto dell’articolo 8, comma 4, cit. trovasse- a seguito ed in forza della menzionata modificazione, da parte della legge n,342 del 2000, della norma di riferimento sostanziale di cui all’art. 7 medesimo- insuperabile limite di compatibilità. “
L’orientamento della Cassazione appare dunque costante (ben 9 sentenze univoche, di cui l’ultima nel 2020), orientamento che deriva da un approfondito percorso logico normativo.
Nello stesso senso, recentemente, CTR Lombardia n. 932/26/2020 dell’8 giugno 2020, rel. Crisafulli.
4. Dobbiamo però analizzare anche una sentenza contraria, ancorché un po’ datata.
Ci riferiamo alla sentenza della Corte di Cassazione, n. 11677/2017, che rappresenta un caso isolato rispetto al consolidato orientamento del giudice di legittimità a favore dell’inesistenza del coacervo, come si è appena illustrato. In ogni caso si tratta solo dell’applicabilità del coacervo ai fini dell’imposta sulle donazioni e non ai fini dell’imposta sulle successioni. Ma come si è detta si tratta di una sentenza che non ha avuto alcun seguito.
E’ una sentenza della stessa sezione Tributaria delle due precedenti del 2016, ma con differente rel. Consigliere Liana Maria Teresa Zoso). La Cassazione si è espressa a favore della tesi dell’Agenzia delle Entrate, privilegiando sia l’aspetto letterale della norma (ignorando così il susseguirsi normativo), sia il valore civilistico delle donazioni in luogo di quello fiscale. In altri termini, in base a tale sentenza, se oggi viene effettuata una donazione, deve essere verificato se la franchigia possa essere stata consumata (totalmente o parzialmente) dalle donazioni precedenti.
La controversia oggetto di causa era sorta tra l’Agenzia delle Entrate che ha emesso due avvisi di liquidazione nei quali recuperava l’imposta di donazione dando applicazione al coacervo, sostenendo che le donazioni avvenute nel 2004 e 2005 (anni in cui l’imposta non era in vigore) avessero già eroso le franchigie disponibili, ed i due beneficiari-ricorrenti. I beneficiari di tali donazioni hanno presentato ricorso avverso gli avvisi di liquidazione che la Commissione Tributaria Provinciale di Verona aveva accolto, negando l’approccio del Fisco. L’Agenzia ha proposto appello ed i contribuenti sono risultati soccombenti sia in secondo grado che in Cassazione.
La Suprema Corte ha puntualizzato che, diversamente da quanto accade nell’ambito successorio, il coacervo nell’imposta di donazione esiste. Nello specifico, le donazioni antecedenti ai fini del computo della franchigia vanno sommate. La sommatoria riguarda anche quelle stipulate nei 5 anni di completa esenzione (tra il 25/10/2001 e il 28/11/2006). La Cassazione, riprendendo l’art. 57 del D.Lgs. 346/1990, ha chiarito che lo stesso “deve essere interpretato nel senso che, ai fini della determinazione del valore globale dei beni oggetto della donazione, occorre tener conto anche delle donazioni effettuate 25 ottobre 2001 al 28.11.2006. A tale affermazione induce l’interpretazione letterale della norma secondo cui “…tutte le donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario, comprese quelle presunte di cui all’art. 1, comma 3, ed escluse quelle indicate nell’art. 1, comma 4, e quelle registrate gratuitamente o con pagamento dell’imposta in misura fissa a norma degli articoli 55 e 59”; la norma, dunque, fa riferimento a tutte le donazioni intese in senso civilistico come atti di liberalità del donante a favore del donatario e non esclude le donazioni che erano fiscalmente irrilevanti perché poste in essere nel periodo dal 25.10.2001 al 28.11.2006”.
La sentenza non tiene conto del principio fondamentale della certezza del diritto, trasformando in rilevanti fattispecie fiscalmente irrilevanti secondo le norme vigenti al tempo, con inammissibile effetto retroattivo ed appare sintetica, superficiale, improntata sul dato formale rispetto a quello sostanziale, e caratterizzata da profili di incostituzionalità.
5. L’Amministrazione finanziaria si è pronunciata sul tema solo nel 2008 con la Circolare n. 3/E del 22/01/2008 con la quale ha sostenuto la cogenza e vigenza dell’istituto del coacervo., affermando che le liberalità intervenute negli anni in cui l’imposta sulle stesse non era in vigore, devono essere considerate comunque ai fini della verifica della capienza della franchigia, introdotta dall’art. 2, comma 47 del D. L. 03/10/2006, n. 262.
L’Agenzia delle Entrate, per giustificare oggi il coacervo, si riferisce alla norma di rimando generale che fa il nuovo comma 47 dell’art. 2 del D.L. 03/10/2006, n. 262:
L’istituto del coacervo, nell’originario Testo Unico sull’imposta sulle Successioni e Donazioni, era puntualmente disciplinato esclusivamente da due articoli, l’art. 7, comma 2-quater e l’art. 8, comma 4 del D. Lgs. 346/1990. L’ufficio pare però ignorare innanzitutto che il primo riferimento normativo (art. 7, comma 2-quater) è stato esplicitamente abrogato e, il secondo (art. 8, comma 4) è stato oggetto di una abrogazione tacita, come dottrina e giurisprudenza ritengono. Si può pertanto affermare che l’istituto del coacervo nell’imposta di successione e donazione, istituita ex-novo nel 2006, non è più contemplato ed anzi è stato abrogato.
Un generico rimando al TUS non può essere ritenuto sufficiente per giustificare l’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate
Relativamente a tale Circolare, la Sentenza 5 maggio 2011, n. 73, della C.T.P. di Novara si è espressa chiarendo che le interpretazioni contenute in essa “non hanno carattere di autenticità, non vincolano i soggetti che non sono i diretti destinatari della circolare, né tanto meno il Giudice può tenerne conto. In merito, la Cassazione, con l'ordinanza numero 35 del 05.01.2010, ha precisato che le Entrate forniscono solamente indirizzi di prassi che non hanno mai valore di legge, in pratica le circolari dell'Agenzia delle Entrate non fanno legge”.
6. Innumerevoli sono le sentenze della giurisprudenza di merito, a favore dell’inesistenza del coacervo e, conseguentemente, dell’irrilevanza – ai fini dell’erosione della franchigia – delle donazioni effettuate nel periodo in cui la norma era stata abrogata; si segnalano le seguenti:
- C.T.R. Milano, sentenza 14 aprile 2016, n. 2215: “le liberalità operate dal 25.10.2001 fino all'entrata in vigore dell'art. 2, commi da 47 a 53, del D.L. n. 262 del 2006, che ha reintrodotto l'imposta in esame, non rientrano tra quelle contemplate nell'art. 57 del D.Lgs. n. 346 del 1990 - secondo il quale il valore globale netto dei beni e dei diritti oggetto della donazione è maggiorato di un importo pari al valore complessivo di tutte le donazioni anteriormente fatte dal donante al donatario - in quanto detta norma, individuando nell'intero patrimonio donabile (o successibile) la capacità contributiva costituzionalmente rilevante, non può attrarre anche la porzione del patrimonio donato (o caduto in successione) nel periodo in cui non sussisteva detta rilevanza.”. C.T.P. Milano, sentenza 13 febbraio 2015, n. 1342: “le attribuzioni gratuite di beni che provocano l'erosione o la perdita della franchigia non possono che essere quelle poste in essere durante la vigenza della norma che concede il beneficio.”;
- C.T.R. Firenze, sentenza 10 settembre 2018, n. 1542: “La Commissione … osserva che la Corte di Cassazione, con la suddetta sentenza n. 11677/2017, ha rimarcato che la disposizione recante l’istituto del coacervo … rispondeva ad una ratio antielusiva, in quanto era funzionale ad assicurare l’osservanza dell’originaria disciplina del TUS stesso. Con l’istituzione della nuova imposta sulle successioni, detto art. 8, comma 4, ha perso la sua funzione antielusiva, essendo incompatibile con la disciplina introdotta nel 2006 e, di conseguenza, ogni ragione di essere e di applicazione; pertanto la tesi erariale che, invece, ne pretenderebbe l’attuale vigenza non merita accoglimento”;
- C.T.R. Lombardia, sentenza 28 novembre 2018, n. 4808: “il coacervo è un istituto appartenente al passato e che in nessun modo può aderire al sistema di tassazione oggi in vigore. A ulteriore sostegno di ciò si vuole ricordare uno dei principi a fondamento del diritto tributario, ossia irretroattività delle norme stesse che impone la necessità di garantire la preventiva ed effettiva informazione del contribuente a tutelare l’affidamento di costui, mediante il principio di certezza giuridica. Pertanto in nessun modo le donazioni effettuate nel periodo di vuoto legislativo, come nel caso oggi in esame, potranno in qualche modo essere rilevanti e in special modo da norme entrate in vigore successivamente”.
7. Sull’inesistenza del coacervo delle donazioni, si segnalano diversi contributi della dottrina, oggi avallati ulteriormente dell’orientamento della suprema Corte di Cassazione. In particolare:
- Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 168-2006/T, “Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni”, che si è espresso in questi termini:
In sostanza il legislatore ha lasciato in vita la norma dell'articolo 8 che fa rinvio al disposto dell'articolo 7 abrogato nella parte de quo, ha abrogato l'articolo 7 nella parte in cui disponeva in modo inequivoco la sterilizzazione della franchigia (ove esistente) ed ha invece lasciato in essere ed anzi migliorato il medesimo meccanismo per quanto attiene alle donazioni.”
- Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Studio n. 1 del 12/12/2008, “Donazioni precedenti ed erosione della franchigia nella nuova imposta sulle successioni”, che si è espresso a favore dell’esclusione di tali donazioni nel calcolo del coacervo.
8. La Cassazione con 9 sentenze, di cui l’ultima nel 2020, ha chiarito, speriamo in modo definitivo, il corretto inquadramento dell’istituto del coacervo ai fini dell’imposta di successione; l’istituto, grazie al quale l’Amministrazione Finanziaria qualificava quali atti idonei ad erodere la franchigia anche le donazioni avvenute nel periodo di esenzione, non può più ritenersi più in vigore per l’imposta di successione.
Si confida pertanto che l’Agenzia delle Entrate finalmente demorda dal voler contestare il coacervo nell’imposta di successione.
Ma a nostro avviso dovrebbe essere abbandonato il coacervo anche con riferimento dell’imposta di donazione. Invero la Cassazione si è espressa, a sorpresa, e una sola volta, a favore dell’attuazione dell’istituto del coacervo ai fini della verifica della capienza della franchigia (Cass. n. 11677 del 2017).
Il diverso trattamento riservato dai giudici di legittimità al coacervo nell’imposta di donazione rispetto all’imposta sulle successioni fa così generare una disparità particolarmente rilevante e a nostro avviso, comunque, del tutto priva di giustificazione, oltre che irragionevole.
Ed infine una ulteriore considerazione, relativamente alle donazioni effettuate ante 2001, data di abrogazione temporanea delle imposte di successione e donazione. Tutte le sentenze analizzate avevano come riferimento la questione del coacervo di donazioni intervenute nel periodo della esenzione da imposte (2001/2006). Sulla base delle considerazioni della Cassazione, non si intravvede differenza alcuna, relativamente al coacervo, tra donazioni effettuate durante il periodo della esenzione e quelle precedenti. In effetti prima della esenzione il coacervo esisteva solo per la rideterminazione della aliquota, che allora era progressiva, non per la applicazione della imposta sulla donazione stessa. L’imposta introdotta nel 2006 è una nuova imposta, che nulla ha a che fare con istituti dettati in vigenza di norme del tutto differenti.