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Cessione del diritto di superficie da privato: il carico fiscale

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 12 agosto 2020

Il diritto di superficie è un diritto reale, trattato dagli articoli 952/953/954 del Codice Civile, la cui cessione è un contratto consensuale ad efficacia reale (art. 1376 c.c.).  Il cedente cede il diritto di superficie (proprietà superficiaria) ad un terzo (superficiario) che così acquisisce il diritto di costruire ed utilizzare un immobile sulla stessa area. Tale diritto può anche derivare da una cessione a terzi del solo immobile già costruito.

La durata del diritto può essere indeterminata, come pure essere a tempo determinato; in quest’ultimo caso, alla scadenza il proprietario del terreno acquisisce la proprietà dell’immobile costruitovi per il principio della accessione (art. 953 c.c.).

La cessione del diritto di superficie può avvenire a titolo oneroso o a titolo gratuito. Si tratta di una tipologia contrattuale che ha avuto una particolare diffusione nel campo del fotovoltaico. Per l’Agenzia delle Entrate, un terreno agricolo rimane tale anche con la autorizzazione prevista per la installazione di un impianto (Ris. N. 112/E/2009). È comunque una tipologia di contratto utilizzata anche per altre fattispecie. Di seguito ne analizziamo gli aspetti fiscali in capo al cedente persona fisica.

 

Le imposte indirette

La cessione a titolo oneroso del diritto di superficie da parte di un privato (con atto pubblico o scrittura privata autenticata) è soggettaall’Imposta di registro, nella misura del9% (oltre ad imposte ipotecarie e catastali di euro 50 cadauna) applicata al corrispettivo della cessione stessa. Per prassi, l’Ufficio del Registro nel passato considerava il valore della cessione nella misura del 50% del valore dell’area [1]. Manca peraltro un sicuro riferimento per la determinazione del valore. LaCommissione Tributaria Provinciale di Milano, in una risalente decisione ( sentenza del 27/6 – 19/7/97 n. 135, Pres. e rel. Guastalla) si è pronunciata sulla valutazione, ai fini dell’imposta di registro, del valore del diritto di superficie ritenendo applicabile lo stesso identico criterio dettato dalla norma per la valutazione dell’usufrutto.

La motivazione, invero scarna, è stata la seguente:

“L’evolversi del valore dell’immobile, che risulta tendenzialmente orientato ad assumere valori sempre più bassi con l’avvicinarsi della scadenza del termine di estinzione del diritto di superficie, impone di rispettare dei canoni analoghi a quelli variabili determinati per l’usufrutto.

La Commissione ritiene che il criterio automatico di valutazione, nel caso di immobili in diritto di superficie, debba pertanto essere applicato tenuto conto dei criteri stabiliti per l’usufrutto.

Nel caso in esame, considerato che la durata della concessione di novanta anni è iniziata in data 25/1/1993 e che il valore dell’annualità può essere assunto in base all’art. 48 del DPR 131/86 moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interessi al momento del trasferimento e visto il prospetto dei coefficienti allegato al DPR 131/86, si ottiene che il valore dell’immobile in esame deve essere determinato in Lire 176.652.500.=.

In particolare il valore dell’annualità per il saggio legale di interessi è pari a Lire 18.595.000.=. Il coefficiente fino a venti anni di utilizzo della superficie è pari a 9,5 e pertanto il valore dell’immobile è la risultante della moltiplicazione fra i due valori pari, come si è detto, a Lire 176.652.500=”.

La tesi che il diritto di superficie possa essere assimilato all’usufrutto non è però convincente, se non altro per il fatto che la costruzione su terreno concesso in superficie è fatta dall’utilizzatore; ciò da solo basta a differenziare in modo più che evidente le due fattispecie.  Certo è che, fino a che non si predisporrà legislativamente in maniera specifica relativamente al diritto di superficie, ogni tesi è valida. Nell’atto è pertanto da indicare un corrispettivo, se non altro ai fini fiscali, almeno pari al 50% del valore del terreno. Qualora la cessione del diritto di superficie riguardasse invece un terreno agricolo, si applicherebbe la relativa aliquota dell’imposta di registro del 15%.

 

Le Imposte dirette

Non pare facile inquadrare la fattispecie ai fini delle imposte dirette, in assenza di una previsione specifica, ovviamente relativamente al soggetto cedente.

L’art. 9 del TUIR, comma 5, così recita:

“Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”.

Il diritto di superficie è un diritto reale, e pertanto la suindicata disposizione è pienamente applicabile.  Per la persona fisica il corrispettivo derivante dalla cessione del diritto di superficie costituisce reddito diverso ex art. 67 TUIR, lettera b, qualora si tratti di area fabbricabile (sarà tassata la differenza tra costo, rivalutato e maggiorato delle spese, e il prezzo di vendita). In caso di terreno agricolo, invece, nessuna tassazione, salvo che non siano trascorsi almeno cinque anni dall’acquisto o che non si tratti di provenienza successoria. Ovviamente il tutto con riferimento alla quota percentuale del valore stesso dichiarata ai fini delle imposte indirette (50% o 70% o altra percentuale che fosse ritenuta valida). Il già citato art. 9 TUIR, comma 5, equipara infatti gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento da diritti reali di godimento (e tra questi, quindi, anche la costituzione del diritto di superficie) alla cessione a titolo oneroso, rendendosi così applicabile quanto previsto dalla lettera b) dell’art. 67 TUIR. Quanto alla determinazione dell’imponibile, sempre in funzione del disposto dell’art. 9 TUIR, si renderanno applicabili le stesse modalità stabilite per le cessioni dei terreni.

A dire il vero potrebbe anche essere ritenuto che tutto il corrispettivo del diritto di superficie vada a costituire reddito. Ma anche se ciò potrebbe, in linea teorica, sembrare corretto, la letteralità della norma, ancorché effettuata per richiamo, non lascia ombra di dubbio: si tassa solo la differenza di valore. Si pone però, in ogni caso, il problema della quantificazione del valore di riferimento iniziale, avendo di norma il costo del terreno, e non di un diritto.

Trattandosi di redditi diversi, si è tassati in base al principio di cassa; qualora il corrispettivo fosse dilazionato nel tempo, anche il reddito sarà da dichiarare frazionatamente, in base agli incassi.

Ove si trattasse di cessione di diritto di superficie suterreno agricolo, oppure di area non fabbricabile, si avrà l’applicabilità dell’art. 67 TUIR solo per cessioni entro il quinquennio, escluse le provenienze successorie. In senso conforme, recentemente . C.T.Regionale di Capobasso, sent. n. 61 del 22 gennaio 2020. Precedentemente CTR Campobasso, n 549 dell’1 ottobre 2019, CTP Reggio Emilia n. 222 del 13 settembre 2017 e CT Regionale Perugia n. 282 del 6 settembre 2017.

Ricordiamo come altri si siano invece pronunciati [2] in senso contrario, e quindi per l’esclusione tout court dalla tassazione in capo al cedente persona fisica del diritto di superficie.

In conclusione, personalmente propendiamo per l’applicabilità dell’art. 67, lett. b) TUIR, comunque.

Qualora invece fosse trasferito il diritto di superficie in presenza di una costruzione già esistente, non rientrando quindi nelle previsioni della lettera b) dell’art. 67, si porrebbe il problema della eventuale applicabilità della lettera e) dello stesso art. 67 del TUIR, che attrae a tassazione, tra i redditi diversi, i redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente.

In questo caso si dovrà quantificare il reddito; non essendo applicabili le previsioni dettate per i terreni, non si saprebbe se considerare reddito tutta la somma incassata, come invero potrebbe anche essere, oppure solo la differenza tra il costo e quanto incassato, rapportando il costo alla percentuale dichiarata (che, come abbiamo visto, abitualmente è del 50% del valore). Non ci sono indicazioni, al riguardo.

È stato rilevato[3] che alla scadenza del diritto di superficie il rilascio del fabbricato costruito sull’area, fabbricato che in quel momento diviene di proprietà del concedente, costituirebbe compenso in natura e quindi reddito per il proprietario del terreno; qualora invece fosse previsto il pagamento di un importo, questo sarà reddito per la impresa che lo ha costruito.

Si ritiene che, in presenza di un pagamento, sarebbe pacifico che questo dovrebbe essere considerato costo o meglio investimento per chi lo deve corrispondere e reddito per chi lo riceve. Non ci convince invece la tesi del reddito in natura, in quanto non specificatamente previsto da alcuna norma. Il superficiario è libero di costruire quello che crede; non ha l’obbligo della costruzione, né deve eseguirla secondo le indicazioni della concedente; se ha costruito, il proprietario del suolo ha sì un vantaggio, ma non per questo potrà essere tassato, mancando una previsione specifica in tal senso.

Il proprietario può tenersi il bene, come pure demolirlo o mutarne le caratteristiche; non è facile provare il suo tornaconto economico, non ricercato e nemmeno voluto. Di norma non c’è infatti, alcun obbligo di costruzione in capo al superficiario. Si pensi, tra l’altro, alle conseguenti evidenti problematiche valutative.

La giurisprudenza si è occupata di una fattispecie del tutto particolare: la cessione del terreno con riserva del diritto di superficie parziale oppure in corrispondenza di uno o più piani, con obbligo di costruzione da parte del superficiario (Cass. 22 novembre 2001 n. 14779). In questo caso il contratto è stato interpretato, a nostro avviso correttamente, come permuta. Ciò deriva dalla specifica previsione dell’obbligo di costruire; in assenza, sarebbe stata valida la tesi della riserva del diritto, rientrando così nella fattispecie più sopra illustrata.

 

La norma di comportamento di AIDC n.183/2012

La norma di comportamento n. 182 del 2012 della Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, sez. di Milano è intervenuta sulla questione circa il trattamento da riservare alla cessione del diritto di superficie per il privato cedente:

a.1) persona fisica non imprenditore cedente il diritto di superficie su un terreno agricolo oppure su un fabbricato posseduto da più di 5 anni o pervenuto per successione oppure su una unità immobiliare urbana che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione è stata adibita ad abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari: l'articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir esclude espressamente tali fattispecie dai "redditi diversi". Il cedente non realizza alcun reddito imponibile ai fini Irpef;

a.2) persona fisica non imprenditore cedente il diritto di superficie su un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria o su un fabbricato posseduto da meno di 5 anni: l'articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir qualifica "reddito diverso" la plusvalenza che, in base all'articolo 68, comma 1 del Tuir, è calcolata come differenza tra corrispettivo percepito e costo di acquisto. Qualora, come frequentemente avviene, il costo di acquisto del diritto di superficie non sia separatamente rilevabile nell'atto di acquisto del terreno o del fabbricato, la quota parte del costo riferibile al diritto ceduto va determinata in base a una ragionevole proporzione quale quella risultante dalla formula: - valore del diritto di superficie al momento della vendita/valore della piena proprietà al momento della vendita = XX%; - costo di acquisto della piena proprietà x XX% = costo del diritto di superficie.

Invero la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 112/E/2009 aveva precisato che “Non è possibile individuare un costo storico perché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione: la piena proprietà non incorpora in sé, per così dire in potenza, anche l’eventuale diritto di superficie”. Si tratta di affermazione non condivisibile “in quanto ritiene che non sia mai possibile individuare una quota parte del costo di acquisto da contrapporre al corrispettivo percepito “perché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione”. Invece il diritto di superficie – come quello dell’usufrutto – è una delle caratteristiche proprie della “piena proprietà”, già esistente quindi, che non nasce, ma si separa dalla proprietà al momento della concessione del diritto a terzi. Pertanto, la regola da applicare è quella che un costo di raffronto sussista, salvo la difficoltà di determinarlo nel modo caso per caso più razionale e ragionevole, eventualmente supportato da apposita perizia. Tale principio è conforme a quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria nel caso di cessione del diritto di opzione da parte del titolare di una partecipazione societaria. Inoltre, conforme all’utilizzo del criterio proporzionale è la Risoluzione Ministeriale n. 379/E/2008“ (sempre dalla norma di comportamento n 183).

 

Le interpretazioni ministeriali

Dapprima (Circolare n. 36/E/2013) l’Amministrazione Finanziaria aveva inquadrato la fattispecie nell’ art. 67 c.1 lett. b) del TUIR esclusivamente nell’ipotesi in cui il medesimo diritto reale fosse stato acquistato a titolo oneroso, ipotesi invero poco realistica. Per poter applicare quanto disposto dall’art. 9 c.5 del TUIR il confronto doveva essere fatto a valori omogenei; in mancanza, si sarebbe applicato l ’art. 67, c.1 lett. l) del TUIR (assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere).

La Cassazione (sentenza n.15333 del 2014) ha però disatteso tale atteggiamento, facendo rientrare la cessione del diritto di superficie sempre nella previsione di cui all’art. 67 c 1 lett. a) o b), e non nella lettera l), relativa a diritti personali, e non a diritti reali quali appunto il diritto di superficie.

“Per quanto riguarda il trattamento tributario da applicare ai fini delle imposte sui redditi al corrispettivo conseguito dalla cessione a titolo oneroso di un diritto di superficie va richiamato anzitutto l’articolo 9, comma 5, Tuir, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel quale si stabilisce che le disposizioni relative alla cessioni a titolo oneroso si applicano anche nei confronti degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”. Pertanto, “essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l’articolo 9, comma 5, Tuir, implicante l’equiparazione della disciplina fiscale relativa alla cessione a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”.

Conseguentemente, nel caso di un terreno agricolo acquistato da oltre 5 anni, oppure di provenienza successoria, la cessione del diritto di superficie non genera redditi tassabili. Conforme Cassazione n. 26143 del 18 ottobre 2018.

In sede di risposta ad una interrogazione parlamentare (n. 5-09475 del 15 settembre 1016) , l’Agenzia delle Entrate, preso atto del contrasto con quanto sostenuto dalla Cassazione, aveva dichiarato che avrebbe effettuato ulteriori approfondimenti, sul tema specifico.

Ed ecco che con Circolare n. 6/E/2018 l’Agenzia ha cambiato atteggiamento.

Ai fini della determinazione della plusvalenza, trova applicazione l’art. 68, comma 1 del T.U.I.R., che quantifica tale valore per un importo pari alla differenza tra il corrispettivo incassato nel periodo di imposta e il costo di acquisto del diritto di superficie.

Nel caso in cui il diritto reale di superficie sia concesso, in assenza di un precedente acquisto a titolo oneroso, la plusvalenza dovrà essere determinata individuando il prezzo d’acquisto originario del diritto secondo un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo o dell’area fabbricabile e il corrispettivo percepito per la costruzione del diritto di superficie, da applicare al costo originario del terreno. Nello stesso senso Ris. Ag. Entrate n. 379/E del 10 ottobre 2008.

Si tenga sempre conto che, in presenza di un terreno agricolo acquistato oltre 5 anni, si è al di fuori di ogni ipotesi di tassazione (Cass. n. 14847 del 7 giugno 2018 e n. 222 del 13 settembre 2017).

 

 

Conclusione

In definitiva, la cessione di un diritto di superficie da parte di un privato è oggi tassata, ai fini delle imposte dirette, ex art. 67, c.1, lett.b) del TUIR (sempre escluse cessioni di terreni non edificabili posseduti da almeno 5 anni oppure di provenienza successoria ); per la determinazione del costo, al quale far riferimento, si utilizzerà il criterio proporzionale, nel senso che si applicherà al costo originario la stessa percentuale che deriva dal raffronto tra valore del terreno e valore del diritto di superficie .



[1] Secondo altri, 70%; Gianni Aiello, Casi e questioni, IPSOA 25/1/1996.

[2] Pier Roberto Sorignani e Giorgio Barbabietola, Corriere Tributario 8/2002, p. 678

[3] Gianni Aniello, cit.

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