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L’Overruling nel diritto tributario ovvero termini per la ripetizione dell’indebito oggettivo

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 21 settembre 2020

Per overruling si intendono gli effetti di una pronuncia che modifichi un precedente consolidato orientamento procedimentale . La questione che ci si pone, in questi casi, è se il termine di decadenza per una eventuale richiesta di rimborso di imposte non più dovute, in base alle nuove disposizioni , decorra dalla data di pagamento, come abitualmente è per le richieste di rimborso, oppure dalla successiva dichiarazione di illegittimità di una disposizione, per lo più dichiarata dalla Corte di Giustizia Europea.

Per estensione, la questione può interessare anche i casi di cambiamento di interpretazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria. [1]

In questo articolo analizziamo dapprima la questione giuridica dell’overruling, per poi trattare del recente cambiamento di inquadramento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle cessioni degli immobili da abbattere.

La Cassazione si è occupata del tema anche sotto l’aspetto tributario; segnaliamo Cass. n. 22282 del 26 ottobre 2011 che così ha sentenziato:\

“Il precetto fondamentale della soggezione del giudice soltanto alla legge (art.101 Cost.) impedisce di attribuire all’interpretazione della giurisprudenza il valore di fonte del diritto, sicchè essa,nella sua dimensione dichiarativa, non può rappresentare la “ lex temporis acti “, ossia il parametro normativo immanente per la verifica di validità dell’atto compiuto in correlazione temporale con l’affermarsi dell’esegesi del giudice. Tuttavia, ove “ l’overruling “ si connoti del carattere dell’imprevedibilità (per avere agito in modo inopinato e repentino sul consolidato orientamento pregresso), si giustifica una scissione tra il fatto (e cioè il comportamento della parte risultante “ ex post “ non conforme alla corretta regola del processo) e l’effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbe derivare, con la conseguenza che- in considerazione del bilanciamento dei valori in gioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l’effettività dei mezzi di azione e difesa anche attraverso la celebrazione di un giudizio che tenda, essenzialmente, alla decisione di merito – deve escludersi l’operatività della preclusione o della decadenza derivante dall’overruling nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell’arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidata precedente interpretazione della regola stessa, la quale, sebbene soltanto sul piano fattuale, aveva comunque creato l’apparenza di una regola conforme alla legge del tempo “.

Nella fattispecie si trattava di imposta di consumo su olii lubrificanti; la Cassazione aveva appunto riconosciuto la decorrenza della domanda di rimborso dalla data della sentenza, e non dalla precedente data di pagamento dell’imposta della quale si chiedeva il rimborso. In senso contrario, tra altre nello stesso ambito, Cass. n. 15348/2019.

La sentenza a Sezioni Unite n. 15144/2011

Precedentemente, sempre Cassazione, a Sezioni Unite (n. 15144 dell’ 11 luglio 2011, rel. Mario Rosario Morelli) ha formulato una particolare distinzione tra giurisprudenza evolutiva (accertamento evolutivo del significato assunto dalla norma) e correttiva (assunzione di un diverso significato della norma) e mutamento giurisprudenziale di regole processuali.

E per l’aspetto che ci interessa questa è la massima: “E’ ammissibile l’impugnazione pur proposta dopo la scadenza del termine individuato dalla corte con una decisione successiva alla sua proposizione, in relazione al dies a quo per l’impugnazione, perché sussiste affidamento incolpevole nella giurisprudenza, allorchè un orientamento consolidato sia modificato repentinamente e imprevedibilmente con effetti preclusivi del diritto di azione e di difesa.”

Il rimborso delle imposte indebite

Per la ripetizione del pagamento indebito nell’ordinamento tributario italiano vige un regime speciale basato sull’istanza di parte da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (per le imposte dirette, 48 mesi ex art.38 D.P.R. 602/73); in caso di rifiuto tacito, ricorso in base alle norme del contenzioso tributario ( art. 21, c.2, D.Lgs 546/92)

L’articolo 38 D.P.R 602/73 determina il dies a quo nella data del pagamento o in quello in cui la ritenuta è stata effettuata, mentre l’art.21 D.Lgs. 546/92, norma residuale, lo determina con riferimento alla risposta o non risposta dell’Agenzia delle Entrate.

La sentenza a S.U. della Cassazione n. 13676/2014

La sentenza dellaCassazione a Sezioni Unite n. 13676 del 16 giugno 2014, rel. Biagio Virgilio, riferita ad una norma dichiarata in contrasto con il diritto dell’Unione Europea (differenziazione di tassazione tra uomini e donne relativamente all’incentivo all’esodo, questione trattata anche da Cass. n. 20343/2019) , ha però affermato che si applica sempre come riferimento la data del versamento per la eventuale domanda di restituzione. ”Una sentenza della Corte di Giustizia non può incidere sui termini per il diritto al rimborso, per cui la relativa domanda può essere presentata se e nella misura in cui sono ancora pendenti i termini stabiliti dalla legge della singola imposta, o, in mancanza, i due anni di cui all’art.21 del D.LSG. n 546/1992. Se si tratta, come nella specie, di imposte sui redditi, è necessario che siano ancora pendenti i 48 mesi dalla data del versamento (art.38 del D.P.R. N.602/1973). Quindi è lecita la presentazione della domanda di rimborso di tributi indebitamente pagati per effetto di una sentenza della Corte di Giustizia che li abbia dichiarati contrari al diritto comunitario.“

“Non si può applicare la giurisprudenza in tema di overruling quando una sentenza della Corte di Giustizia dichiara in contrasto con una direttiva comunitaria self executing una norma nazionale di agevolazione fiscale, ampliandone la portata soggettiva.” E questo in quanto si deve “ritenere prevalente una esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, tanto più cogente nella materia delle entrate tributarie, che resterebbe vulnerata attesa la sostanziale protrazione a tempo indeterminato dei relativi rapporti.“

Secondo la Cassazione, la rilevanza dell’overruling è ammessa solo in presenza di norme procedurali, essendo invece da escluderne l’applicazione per le norme impositive. Conseguentemente i principi in esame non sono riferibili nel caso di variazioni di interpretazioni normative.

Decisione quindi molto secca e netta ( nello stesso senso, Cass.S.U. n. 3457 e 3458/1996, 11456/2011 4670/2012, 13087/2012, 5014/2015, S.U. 4135/2019 e 29506/2019 ),[2] ancorché assai debole nelle motivazioni ; invero il riferimento è a una norma, e non ad una interpretazione di una norma, e probabilmente questo potrebbe consentire di formulare considerazioni anche diverse, come vedremo. Infatti mentre la norma deve necessariamente essere osservata, pena l’applicazione delle relative sanzioni, e in ogni caso si rende necessaria un’altra norma, per variarla, nel caso di una interpretazione, le norme non variano, sono sempre le stesse; varia solo come sono interpretate. Una osservazione pratica; stupisce invero osservare come, su questa materia, abbondino le sentenze a Sezioni Unite; il fatto non è certamente usuale e a nostro avviso sta proprio a significare la estrema incertezza e debolezza delle tesi esposte a sostegno della tesi della invarianza della data di riferimento, per un eventuale rimborso. E in effetti, allorché si tratta di imposte da rimborsare, l’atteggiamento della magistratura è quantomeno molto attento.

Il lungo iter per tale sentenza

Richiamiamo qui qualche analisi tratta dallo studio della Fondazione Nazionale dei Commercialisti del 31 ottobre 2015, “Termini per chiedere i rimborsi fiscali”. In particolare riprendiamo, dal contributo del Prof. Eugenio Della Valle, un aspetto relativo al tortuoso percorso che ha portato all’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione. Nel tentativo di trovare altre soluzioni, a partire dal 2011 la Cassazione aveva esplorato “altre strade giungendo ad affermare che, allorquando la Corte di Giustizia riconosce con sentenza l’incompatibilità della pretesa fiscale con l’ordinamento comunitario, i termini per la richiesta di rimborso dell’imposta indebitamente versata decorrono dalla data di deposito della sentenza stessa.“ Ecco allora la già citata sentenza n. 15144/2011, che appunto aveva escluso l’operatività della decadenza nei confronti della parte che aveva fatto legittimo affidamento nella precedente consolidata giurisprudenza; tesi ribadita anche nella sentenza n. 22282/2011. “A distanza di qualche mese, la Suprema Corte ha corretto parzialmente il tiro e, ridimensionando il rilievo costruttivo del richiamo ai principi affermati in tema di c.d. overruling, ha riconosciuto che gli stessi, pur non attagliandosi perfettamente al caso deciso, sono comunque indicativi di un processo evolutivo tendente ad introdurre nell’ordinamento dei temperamenti al principio della intangibilità dei meccanismi decadenziali onde rendere tale principio compatibile con la affettiva tutela dei diritti soggettivi “; si trattava della sentenza n. 959/2013 che aveva rimesso gli atti al Primo Presidente per la eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Sentenza che ha preso posizione, rilevando che “un possibile punto di equilibrio tra l’esigenza di stabilità dei rapporti giuridici e la duplice necessità di garantire, per un verso, il primato della disciplina comunitaria e, per altro verso, l’affidamento del cittadino nell’apparente cogenza della norma impositiva nazionale, potrebbe essere individuato escludendo dall’ambito di operatività dei meccanismi decadenziali impeditivi dell’esercizio delle azioni di rimborso le ipotesi di inerzia incolpevole, ossia di inerzia giustificata dall’affidamento del contribuente nella legittimità comunitaria della norma impositiva interna che risulti fondato sulla prassi amministrativa o sugli orientamenti prevalenti nella giurisprudenza nazionale.” Nella sentenza a Sezione Unite, a mo’ di manifesto programmatico, è dichiarata impraticabile “qualsiasi forma di temperamento o eccezione al regime di prescrizione e della decadenza”. Prediligendo una lettura di stampo conservatore, in base ai precedenti, si è optato per mantenere il riferimento alla data del versamento, considerando del tutto irrilevanti, in quanto riferiti ad un caro del tutto particolare, “gli approdi più recenti della Corte di Giustizia in materia di ripetizione di indebito e overruling interpretativo.” Per una dettagliata analisi si rimanda al testo citato; In ogni caso la conclusione è che il percorso evolutivo compiuto dalla Cassazione non può ancora ritenersi del tutto concluso.

Qualche considerazione

Non pare se non altro equo e rispondente ai requisiti di reciprocità che, solo per effetto di una intervenuta diversa interpretazione da parte della Amministrazione finanziaria, a norme del tutto invariate, i contribuenti possano essere suddivisi in due categorie. Quelli per i quali il termine dei 48 mesi dal versamento non è ancora scaduto, e quelli per i quali invece il termine è scaduto. Non c’è differenza alcuna, relativamente al comportamento dei soggetti, e tutti dovrebbero avere gli stessi diritti di tutela. Il passare del tempo non può costituire elemento di negatività. Non è certamente a loro imputabile. La causa di tutto è da ricercare in un comportamento della Amministrazione, e non certo da parte del contribuente. Non c’è alcuna certezza del diritto da salvaguardare, anzi, proprio il contrario. Essendo le norme sempre le stesse, la tutela va vista nel senso di non danneggiare i contribuenti anche quando appaiono ligi nell’osservanza delle norme (o meglio delle interpretazioni delle norme) che poi si sono dimostrate erronee.

Le circolari

Secondo varie sentenze della Cassazione (n. 11020/1997, 813/2005, 23942 /2012,20526/2013, estremamente analitica, e 1577/2014) la data di emanazione di una circolare o di una risoluzione ministeriale, interpretative di norme tributaria in senso favorevole al contribuente non può costituire data di riferimento per la determinazione del termine di decadenza della presentazione della domanda di rimborso. La motivazione è che si tratta di atti non aventi natura normativa ed essendo quindi non idonei ad incidere sul rapporto tributario. Ma così sentenziando la Cassazione non si è resa conto del grave errore concettuale nel quale è incorsa. Parrebbe di capire, dalla motivazione addotta, che invece se si trattasse di norme nuove o dichiarate inapplicabili, allora la questione potrebbe essere diversa. Ma come abbiamo visto, così non è. Se variano le norme, o se sono dichiarate inapplicabili, la data di riferimento per eventuali domande di rimborso rimane quella del versamento. Nel caso di diversa interpretazione, a normativa costante, è evidente che non si è in presenza di norme nuove, restando valide le precedenti. I due casi non spno certamente assimilabili. Non si può cercare di svilire l’importanza di un orientamento amministrativo, quasi che il contribuente fosse del tutto libero di disattenderlo, senza particolari conseguenze.

Legge nuova

Qualora si fosse in presenza di una legge nuova, e questa prevedesse anche esplicitamente dei termini per proporre la richiesta di rimborso, questi avrebbero ovviamente la prevalenza (Cass. 3575/2010).

L’overruling

Nel caso di variazioni di norme relative alle regole del processo, la data di riferimento sarà quella della nuova norma, se tale variazione sia stata imprevedibile. ( Cass. 28967/2011, 6801/2012, 13087/2012, n 5962/2013 e 20172/2013)

La circolare n.23/E/2020

Con la circolare n. 23/E/2020 del 29 luglio 2020 così titolata: Trattamento fiscale delle plusvalenze derivanti da cessione di fabbricati cd. “da demolire” - Articolo 67, comma 1, lettera b). del TUIR l’Amministrazione finanziaria pone finalmente fine ad una tesi insostenibile nata ancora nel 2008.

In risposta ad un interpello (Risoluzione n. 396/E/2008) aveva sostenuto che le cessioni di immobili da abbattere costituivano cessioni assoggettabili ad Irpef, essendo di fatto equiparate alla cessione di terreni edificabili, attraendo così a tassazione cessioni che in realtà non lo erano.

Finalmente ora questa chiara marcia indietro. Ci si chiede: cosa ne sarà per quei contribuenti che, ligi alle interpretazioni ministeriali, più per timore di evitare danni peggiori che per convinzione, hanno nel frattempo pagato? E questo anche per coloro i quali hanno seguito quel tortuoso quanto illogico suggerimento, in caso di vendita a prezzo inferiore al periziato?

Si tratta di quei contribuenti che hanno assoggettato ad imposta il plusvalore derivante dal confronto tra costo fiscalmente riconosciuto (magari anche rivalutato) e prezzo di vendita.

Possono ovviamente essere richieste a rimborso entro 48 mesi dal pagamento le imposte pagate in sede di dichiarazione dei redditi e/o in sede di affrancamento. Se già oggetto di richiesta di rimborso, nel silenzio da parte degli uffici, trascorsi almeno 90 giorni dalla presentazione della domanda, si potrà presentare ricorso alla competente Commissione Tributaria entro i normali termini prescrizionali, dieci anni dall’effettuato pagamento. E tutto questo appare indiscutibile. E a rimborso saranno da richiedere non solo le imposte, ma anche i costi sostenuti per la stima effettuata, qualora il bene sia stato affrancato.

Per gli atti pendenti, si avrà ovviamente l’annullamento, che ben dovrebbe essere richiesto dalla stessa Amministrazione Finanziaria, restando peraltro aperta la questione delle spese sostenute dai contribuenti.

Il vero problema si ha invece qualora il termine dei 48 mesi fosse invece scaduto. In base a quanto sopra illustrato, se il termine di decadenza per la richiesta di rimborso dell’imposta indebitamente versata dovesse decorrere dalla data di versamento, il contribuente non avrebbe più alcuna possibilità per il recupero di quanto versato. Qualora invece, più correttamente, si potesse far riferimento alla data del revirement dell’Amministrazione finanziaria (29 luglio 2020), ecco allora che si rientrerebbe nei termini. Purtroppo la Cassazione è quasi monolitica nella sua tesi, confermando la decorrenza del diritto dall’originario pagamento, ma non ci pare tesi condivisibile, per le ragioni sopra esposte.



[1] Amatucci F, Overruling interpretativo ministeriale non incide sul dies a quo per il rimborso dell’IVA, Rass.Trib. 2012,p. 802: Della Valle E., Revirement ministeriale e buona fede nell’esercizio della funzione impositiva, Riv. Dir. Trib. 1995 p 597 e Affidamento e certezza del diritto tributario, 2001 p.113.

[2] Per un commento alla sentenza n.5014 del 12 marzo 2015, e di altre similari, tutte relative alla illegittimità comunitaria del diritto al rimborso dell’IVA assolta sull’acquisto di auto, vedasi Massimiliano Giorgi, “Il rapporto tra certezza del diritto e diritto al rimborso per illegittimità comunitaria dell’IVA assolta sull’acquisto di auto“ , Fondazione Nazionale dei Commercialisti, 30 ottobre 2015.

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