I fallimenti? Per l’ISTAT non esistono.
di Giuseppe Rebecca
portale ilcaso.it, 11 dicembre 2020
L’ISTAT, Istituto Nazionale di Statistica, è un ente di ricerca pubblico. Presente nel Paese dal 1926, è il principale produttore di statistica ufficiale a supporto dei cittadini e dei decisori pubblici. Opera in piena autonomia e in continua interazione con il mondo accademico e scientifico.
L’ISTAT si occupa di molti settori dell’economia e della vita sociale italiana. Rileva i prezzi, a vari livelli, fa indagini strutturate sull’occupazione, sulle imprese, sulle spese, sulla sanità, sulla vita media, sulla cultura, sui redditi, sugli omicidi, sui furti, sui matrimoni e sui divorzi. Non c’è settore che non sia trattato. O meglio, un settore c’è, dal 2009. Probabilmente è stato ritenuto essere il settore meno interessante di tutti, un settore da trascurare o perché considerato irrilevante, o perché fastidioso o per chissà quale altra motivazione.
E così, nell’indifferenza generale, dei cittadini, dei giudici, dei professionisti, delle imprese, della stampa, di tutti, dal 2009 è stato abolito il servizio statistico sui fallimenti e sulle procedure concorsuali. Perché interessarsi degli eventi negativi delle imprese, si saranno detto, meglio pensare positivo!
L’improvvisa decisione è stata presa nonostante in una relazione dell’allora presidente Biggeri del 24 novembre 2008, si parlasse, invece, della necessità di rilanciare il Servizio (Mercogliano Katiuscia, http://edasociety.educazione-degli-adulti.it/farm).
Con la soppressione del Servizio delle statistiche giudiziarie viene meno uno degli strumenti che, per decenni, ha contribuito a monitorare uno dei settori vitali del Paese. A suo tempo avevamo richiesto che della questione se ne occupassero il Ministro di Grazia e Giustizia, il Csm e l’Associazione Nazionale Magistrati, la cui attività, come noto, non può prescindere dalla esistenza di adeguati e seri strumenti informativi tra i quali rientravano a pieno titolo le Statistiche Giudiziarie. Indubbiamente maggiormente utili i periodi di crisi dell’economia, quali quelli successivi al 2008. Ma non è accaduto nulla, proprio nulla.
Con provvedimento del 25 maggio 2009 l’ISTAT ha così abolito, di punto in bianco, immotivatamente, il servizio statistiche delle procedure concorsuali, attivo dal 1938. Le ultime statistiche pubblicate hanno riguardato quindi il 2007.
I dati allora analizzati riguardavano:
- la durata delle procedure, distinte per Tribunale;
- l’ammontare dell’attivo e del passivo;
- l’ammontare delle spese di procedura;
- l’ammontare del compenso dei curatori e dei commissari;
- il grado di soddisfazione dei creditori chirografari;
- per i concordati, altri dati.
I dottori commercialisti curatori fallimentari meno giovani si ricorderanno di sicuro che alla chiusura di ogni procedura era richiesto di depositare anche la scheda statistica (allegato). La mancanza impediva la chiusura della procedura stessa, e quindi anche il pagamento del compenso al curatore. Per i fallimenti la scheda era verde, o almeno così ce la ricordiamo.
Ogni anno venivano poi elaborate le analisi relative a due anni precedenti. E da queste si poteva capire l’andamento delle procedure, se erano di più o di meno, quali erano le spese di procedura, quanto percepivano i curatori e gli altri soggetti legati alla procedura, quanto percepivano i chirografari e così via.
Tutto spazzato via; evidentemente ritenuto del tutto inutile o comunque superfluo. Ma è mai possibile? Si fanno statistiche di tutti i tipi, anche forse di non rilevante interesse collettivo, e proprio in un periodo di grande crisi quale quello iniziato nel 2007, si abbandonano le rilevazioni statistiche delle procedure concorsuali? Ha un senso, tutto ciò?
Potrà essere detto che il Cerved ha le sue statistiche, per i fallimenti. Ma queste sono fatte in modo differente. Innanzitutto, le rilevazioni numeriche hanno sempre differito, e non si è mai capito perché, come pure nessuno si è mai premunito di cercare di analizzare queste differenze (semplicisticamente è stato detto che la differenza probabilmente riguardava i carichi delle procedure di fine d’anno, ma l’analisi non era concorde) e in ogni caso mancavano del tutto le altre rilevazioni. Il solo numero dei fallimenti oggi disponibile pare troppo poco. Non ci si può accontentare.
Appare interessante analizzare anche il comunicato dell’ISTAT del 23 gennaio 2017: “Il sistema informativo territoriale sulla giustizia chiude e viene inserito in I.Stat. Da Gennaio 2017 la banca dati dedicata alla diffusione delle statistiche sulla giustizia (dati 1980-2008) non è più attiva.Tutte le serie sono ora disponibili nella banca dati dell’Istat I.Stat, nei temi Giustizia e sicurezza, Popolazione e famiglia, Salute e sanità. Per consentire agli utenti di I.Stat di ritrovare con facilità ogni tavola finora presente sul sistema è stato realizzato uno schema di corrispondenza, disponibile in download”.
Questo appunto è lo scarno comunicato dell’ISTAT. Cosa vuol dire? Che l’ISTAT, oltre a non fare più alcuna ricerca statistica sui fallimenti, da quasi 13 anni, si libera anche degli archivi. Proprio non ne vuole più sapere, dei fallimenti. Invece di potenziare un servizio sicuramente utile, a nostro avviso necessario, lo si chiude, disperdendo le esperienze e le competenze accumulate in decenni di servizio.
Ma quello che dispiace di più, nell’abolizione di questo servizio, è stata l’indifferenza generale. Nessuno si è mai occupato di sollevare questo problema, quanto meno per una richiesta di chiarimenti. Nessun Deputato, nessun Senatore, nessuna Amministrazione, nessuna organizzazione professionale, nessun giornale. Proprio nessuno, insomma.
Cosa chiedere?
Si dovrebbe richiedere a gran voce il ripristino di queste statistiche. Sono indispensabili per una analisi motivata dell’andamento delle procedure concorsuali, dell’efficacia o meno dei provvedimenti o di come si stia andando. E questo dovrebbe essere chiesto a gran voce dai magistrati, dai dottori commercialisti, dagli avvocati, dalle associazioni di categoria degli imprenditori, dal mondo dell’università. Chi si farà portavoce?
La crisi che ci colpisce è di tutta evidenza, e non avere degli strumenti per poterla analizzare pare una grandissima incongruenza. Si confida che i Ministri competenti prendano iniziative, in merito, e che l’ISTAT riprenda finalmente a fare il suo lavoro, inopinatamente interrotto senza alcuna logica.
In allegato la scheda statistica che si predisponeva a suo tempo e un nostro articolo datato su una analisi dei dati, articolo pubblicato nel 2009 ne IL DIRITTO FALLIMENTARE, Cedam.