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Denaro, mobilia e gioielli nell’attivo ereditario con presunzione

di Giuseppe Rebecca
EUTEKNE.INFO - Il quotidiano del Commercialista, 18 dicembre 2019 

Denaro, gioielli e mobilia sono tassati, nella successione. L'art. 9 del DLgs. 346/90, al comma 2, così prevede: "Si considerano compresi nell'attivo ereditario denaro, gioielli e mobilia per un importo pari al dieci per cento del valore globale netto imponibile dell'asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico redatto a norma degli articoli 769 e seguenti del codice di procedura civile non ne risulti resistenza per un importo diverso".

Innanzitutto appare evidente come la franchigia sia da detrarre, e quindi che si applicherà la norma solo per l’eventuale eccedenza netta rispetto alla franchigia (in senso conforme, Cass. n. 8191/2011). Può essere di aiuto un'esemplificazione:

  • eredità devoluta da un genitore a due figli per un valore complessivo di 2.200.000 euro, cui aggiungere denaro, gioielli e mobilia dichiarati per 10.000 euro;
  • presunzione di denaro per un ammontare complessivo di 20.000 euro (2.200.000 -1.000.000 x 2 = 200.000 x 10%), superiore quindi a quanto dichiarato, che a questo punto risulta del tutto ininfluente (Cass. n. 4751/2008).

La Cassazione, con la sentenza n. 4751 del 25 febbraio 2008, ripresa di recente dalla pronuncia n. 31806/2019, ha chiarito che, in presenza di una dichiarazione di successione in cui siano indicati denaro, mobilia o gioielli di cui all'art. 9 del DLgs. 346/90, "il valore presunto di tali beni comprende anche quanto eventualmente dichiarato dal contribuente, con la conseguenza che è illegittima la pretesa del fìsco di calcolare la percentuale presuntiva del dieci per cento sull’attivo ereditario, dopo avere aggiunto il valore dichiarato dall'erede per denaro, gioielli e mobilia. In presenza, pertanto, di un valore dichiarato inferiore a quello presunto, l'imposta principale di successione deve essere sempre calcolata, per quanto riguarda i beni mobili, sul valore presunto, mentre l'imposta complementare deve essere liquidata sulla differenza tra valore presunto e quello dichiarato".

Con risoluzione n. 212/1995, l'Amministrazione finanziaria ha specificato che la presunzione de quo è relativa e che, per quanto riguarda la redazione dell’inventario, è necessario soltanto che il predetto documento abbia tutti i requisiti sostanziali e formali richiesti dal codice civile e dal codice di procedura civile.

Pertanto non è necessario che la redazione dello stesso sia preceduta dall'apposizione dei sigilli. L'inventario dovrà essere compilato con l'osservanza delle norme prescritte dall'art. 775 c.p.c. e dovrà contenere l’esatta descrizione di tutti i beni (denaro, gioielli e mobili) di appartenenza del de cuius. Se il valore dichiarato dei beni indicati all'art. 9 del DLgs. 346/90 risulta superiore a quello presuntivo, la base imponibile sarà costituita dall'importo dichiarato, come di recente confermato dalla Cassazione, con la sentenza n. 31086 del 5 dicembre 2019.

Tale presunzione non si applica però qualora resistenza dei suddetti beni risulti, per un importo diverso (inferiore al 10% dell’asse), da inventario analitico redatto a norma dell’art. 769 e ss. c.p.c.

Relativamente alla definizione di denaro, la Cassazione n. 8191/2011 (in senso conforme, Cass. n. 8198/2011) ha stabilito che la stessa non ricomprende il saldo attivo del conto corrente, in quanto lo stesso rappresenta "l’ammontare del credito di cui il cliente può disporre in ogni momento. Come tale concorre alla costituzione dell'attivo ereditario in sé e per sé". Quindi il saldo del c/c non rientra nella presunzione del denaro ed è considerato a sé stante.

Quanto ai gioielli, non vi sono ricompresi le monete preziose e i lingotti. In estrema sintesi si può affermare che, se non si dichiara nulla, vale la presunzione del 10% su tutto, al netto della franchigia. Se si dichiara di meno, serve un inventario, altrimenti vale sempre il 10%. Se si dichiara di più, vale quanto dichiarato.

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