La "nuova" revocatoria delle rimesse bancarie
GIUSEPPE REBECCA. GIUSEPPE SPEROTTI
Giuffrè editore, 2010 - pp. 628
(dalla quarta di copertina)
«Il testo, giunto alla IV edizione, affronta in modo completo la revocatoria fallimentare nei confronti delle banche, privilegiando l’aspetto pratico sulla base della più recente giurisprudenza della Cassazione e dei Tribunali italiani. Alla trattazione della “vecchia” revocatoria ante DL 35/2005, si affianca l’esame della “nuova revocatoria”, che interessa le procedure dichiarate dal 17 marzo 2005. Di quest’ultima si sono esaminate le varie problematiche e le sentenze ad oggi uscite L’opera è rivolta ai curatori fallimentari, ai periti, alle banche, ed ai legali che li assistono.
(dalla presentazione di Nerio De Bortoli)
«La revocatoria fallimentare delle rimesse bancarie aveva assunto una posizione di rilievo, nell’ambito delle procedure fallimentari; praticamente non c’era procedura di una certa rilevanza in cui il curatore non sollevasse la questione della revocatoria fallimentare delle rimesse. Con la riforma apportata dal D.L. n. 35/2005 la situazione è profondamente cambiata e il dimezzamento dei termini di riferimento ha indubbiamente comportato un notevole sfoltimento. Ma la revocatoria delle rimesse bancarie non è scomparsa, assolutamente.
La materia è molto tecnica, e la copiosa giurisprudenza ha in qualche modo agevolato l’applicazione pratica.
La giurisprudenza sulla “nuova” revocatoria si sta formando proprio in questo periodo, mentre la dottrina ha già espresso molte tesi, anche contraddittorie, negli anni 2005 e 2006, per poi trascurare un po’ questa problematica. La quantificazione degli importi revocabili, pur con qualche problematica anche di rilevante impatto, è ora determinata, secondo la dottrina prevalente, dall’art. 70 L.F. nel differenziale tra il massimo importo a debito e il saldo al momento del fallimento, in definitiva nel cosiddetto “rientro”.
I problemi interpretativi riguardano specificatamente la difficile convivenza degli articoli 70 e 67 L.F., il richiamo al conto scoperto, l’interpretazione dei concetti consistente e “durevole”.
I professionisti del debitore dovranno prestare la massima attenzione a tutte le operazioni che potrebbero non essere considerate pagamento “nei termini d’uso”. I curatori dovranno anche fare i conti, in ogni caso, con la riduzione del termine della decorrenza dell’azione, portata ora a 3 anni (erano 5).
Il libro, illustrando l’iter concreto di una azione revocatoria, propone anche alcune soluzioni operative molto pratiche per facilitarne la valutazione e la sua realizzazione. In questo ambito, il lavoro dei colleghi dottori commercialisti Giuseppe Rebecca e Giuseppe Sperotti dello Studio Rebecca & Associati di Vicenza, giunto ora alla IV edizione, ha un grosso pregio: tratta della revocatoria fallimentare alle banche in modo pragmatico, dando indicazioni pratiche-operative ai professionisti del debitore, ai commissari e ai curatori. Viene anche trattata la esenzione da revocatoria per i pagamenti ex art. 67 L.F., sempre nell’ambito delle banche, e la Centrale Rischi della Banca d’Italia.
Risulta infine utile la concreta impostazione di una azione revocatoria, dalla richiesta del curatore alla CTU, con relativo quesito, con sviluppo dei conteggi con metodi diversi. La pubblicazione potrà essere di ausilio per l’attività dei curatori, dei giudici, dei legali e delle banche stesse.
Il programma allegato, frutto dell’esperienza pratica degli autori, potrà costituire un ulteriore ausilio per le parti coinvolte e i loro professionisti. In particolare i curatori fallimentari, oggigiorno per lo più Dottori Commercialisti e Ragionieri Commercialisti, potranno trovare utili indicazioni nella loro attività di servizio sempre svolta con entusiasmo e professionalità con l’obiettivo di recuperare il massimo valore aziendale per realizzare il più corretto e possibile soddisfacimento dei creditori. - Venezia, Novembre 2009»
Nota introduttiva degli autori
La revocatoria fallimentare ha essenzialmente la finalità di ricondurre nella massa quanto uscito dal patrimonio del soggetto prima del fallimento, così da incrementare la massa attiva e contemporaneamente realizzare una distribuzione più equa delle perdite tra tutti i creditori del fallito.
La massa dei privilegi, sicuramente esuberante e concessa a troppe categorie di soggetti, già dà un forte scossone alla par condicio, ma almeno tra i creditori chirografari, i paria di ogni procedura, la parità (di perdita) con la azione revocatoria è assicurata. Poca soddisfazione, è vero, ma il danno è allargato a tutti, in modo paritetico.
La mini-riforma portata dal D.L. 35/2005, convertito nella Legge 80/2005, ha cambiato le regole per l’applicazione della revocatoria, rivoluzionando il testo dell’art. 67 Legge Fallimentare e aggiungendo il limite massimo del rientro con l’art.70.
La revocatoria “tradizionale” resta applicabile ai fallimenti dichiarati fino al 16 marzo 2005, e oggi vi sono ancora azioni revocatorie che vengono intraprese secondo la normativa precedente al D.L. 35/2005 (per non parlare di giudizi di Appello e Cassazione).
Il nostro lavoro è dedicato alla nuova revocatoria, ma non può prescindere dalla vecchia revocatoria, per la quale la giurisprudenza ha faticosamente elaborato, tra l’altro, il concetto cardine di saldo disponibile.
Dopo i capitoli relativi ai concetti generali (conoscenza dello stato di insolvenza e tipi di operazioni revocabili), la nuova revocatoria è analizzata nei capitoli 5, 6 e 7; alcuni concetti che possono essere considerati ancora di attualità, quali saldo disponibile e affidamenti, sono analizzati nei capitoli dedicati alla “vecchia” revocatoria.
La nuova disposizione limita fortemente la revocabilità delle rimesse su conto corrente, ponendo l’esenzione come regola di carattere generale, mentre la revocabilità costituisce un’eccezione.
In proposito, c’è chi ha fatto notare come si sia così passati da un eccesso all’altro, ovvero da una revocatoria che penalizzava eccessivamente il sistema bancario ad una nuova che priva i fallimenti di una parte rilevante dell’attivo. Ciò non deve però portare all’abbandono delle azioni revocatorie: come ogni curatore ha modo di verificare, la revocabilità è spesso presente, nelle procedure concorsuali, come prima; si è solo ridotto l’ammontare delle rimesse revocabili.
Si abbandona così l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che affermava la revocabilità, in presenza dei presupposti necessari, di ogni accredito su conto corrente scoperto.
Il punto fondamentale del nuovo art. 67, oltre alla riduzione a soli 6 mesi del “periodo sospetto”, è il comma 3, lettera b), che esclude espressamente le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, a meno che non rispettino determinate condizioni, ovvero abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del correntista fallito nei confronti della banca. Interviene a questo punto il nuovo art.70 limitandone l’importo al c.d. rientro realizzato prima della chiusura del conto o del fallimento. Come si vedrà, la problematica più rilevante, ad oggi non ancora risolta, è la difficile convivenza degli articoli 67 e 70 della Legge Fallimentare.
In questo libro saranno esaminati tutti gli aspetti della nuova revocatoria, a partire dai requisiti che sono richiesti per poter considerare revocabili le rimesse affluite su un conto corrente bancario (art.67). Ci occuperemo delle rimesse che, una volta che venga provata la conoscenza dello stato di insolvenza:
- - siano avvenute nei sei mesi antecedenti la dichiarazione di fallimento;
- - abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca.
Rispettati i sopraelencati requisiti, la somma revocabile non potrà in ogni caso essere maggiore del c.d. rientro (art.70). Non si intravedono particolari problemi per l’individuazione dei sei mesi anteriori al fallimento. La complessità di una azione revocatoria riguarda invece gli altri due elementi che costituiscono l’essenza della stessa azione revocatoria fallimentare, la conoscenza dello stato di insolvenza, la quantificazione delle rimesse che hanno realizzato il rientro o meglio la quantificazione stessa del rientro.
L’azione si prescrive (per le procedure dichiarate dal 16 luglio 2006) con il decorrere di 3 anni dalla dichiarazione di fallimento; è comunque decisamente opportuno non attendere tanto, anche perché gli interessi dell’importo revocato decorrono solo dalla citazione.
In questo lavoro, dal carattere eminentemente pratico, del tutto avulsa ogni pretesa dottrinaria, analizziamo dettagliatamente le principali problematiche che si riscontrano in ogni revocatoria fallimentare nei confronti delle banche, con la nuova e con la vecchia normativa.
Nel testo si è cercato di tracciare un quadro completo e attuale della azione revocatoria nei confronti degli istituti di credito, esaminandone l’aspetto normativo e giurisprudenziale, esemplificando il più possibile la casistica e le problematiche che un curatore può trovarsi ad affrontare.
Dopo aver inquadrato la fattispecie revocatoria, e specificatene le caratteristiche peculiari nei confronti delle banche, tra le quali la possibile difficoltà di acquisizione della documentazione, abbiamo trattato del punto cardine di ogni azione revocatoria, cioè la prova della conoscenza dello stato di insolvenza. Gli elementi utili a raggiungere tale prova sono suddivisi in tre gruppi: quelli desumibili dall’esame dei bilanci societari, gli indicatori (ovvero fatti e notizie) oggettivi e quelli specifici che caratterizzano il rapporto e le operazioni bancarie.
Si sono poi inquadrate le diverse fattispecie di importi revocabili, che non sono costituiti solo dagli accrediti su conto corrente, trattando anche dettagliatamente delle operazioni anomale.
La nuova revocatoria è stata analizzata partendo dal dettato normativo, dalla dottrina e dalla scarna giurisprudenza (ad oggi solo 4 sentenze) sulle azioni che seguono la riforma, evidenziando i principali problemi e facendo riferimento al superamento delle questioni che erano cruciali con la vecchia normativa: operazioni bilanciate, affidamenti, saldo disponibile.
La nostra analisi si è poi incentrata sui concetti di riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria, e sul coordinamento con il limite individuato nel c.d. rientro, proponendo svariate ipotesi di calcolo con diversi metodi ed esemplificazioni numeriche.
Una parte del testo è dedicata alla c.d. vecchia revocatoria, analisi per molti aspetti necessaria al fine di meglio comprendere la nuova. Per ricostruire la situazione attuale, si è tracciato un excursus dell’evoluzione giurisprudenziale in materia, arrivando ad inquadrare con esattezza il concetto di saldo disponibile; in particolare si sono esemplificati i conteggi derivanti dalla c.d. interpolazione di data contabile e data valuta delle diverse operazioni bancarie, evidenziando la problematica della compensazione tra partite bilanciate.
Altro elemento importante per la quantificazione degli importi revocabili è la determinazione del fido concesso dalla banca, del quale vanno valutati la prova e l’ammontare; si sono esaminati il fido di fatto, la revoca del fido, e soprattutto la impossibilità di cumulo tra il fido di cassa e quello per anticipi SBF o export. Caso particolare, ma sempre più diffuso, è quello del fido promiscuo o fido mobile.
Si è impostata una azione revocatoria nella pratica, da un esempio di lettera del curatore alla stesura di una CTU completa.
In conclusione, si sono esaminati tutti gli aspetti di una azione revocatoria nei confronti delle banche, basandosi sulle indicazioni desumibili dalla più recente giurisprudenza e proponendo anche alcune soluzioni per casi particolari.
Entrambe le revocatorie (“nuova” e vecchia) richiedono le procedure e i conteggi che sono contemplati nel programma di calcolo allegato al testo, che ha una doppia funzionalità.
Il programma è stato elaborato con la collaborazione di Stefano Paltracca, titolare della MRPproject di Sarcedo (Vi), per agevolare il calcolo delle rimesse revocabili. Il programma è estremamente flessibile, consentendo di impostare i conteggi con diverse modalità sia per la nuova revocatoria (parametri di consistenza e durevolezza, rientro) sia per la vecchia (disponibilità, affidamenti, bilanciate ecc. …).
Torniamo un momento ancora alla “nuova” revocatoria delle rimesse bancarie. A nostro avviso tre saranno, nei prossimi anni, i più rilevanti motivi di scontro giurisprudenziale, e precisamente:
- 1) la qualifica di “consistente e durevole”;
- 2) la rilevanza o meno del fido:
- 3) il collegamento tra gli articoli 67 e 70 L.F..
- una è il diverso riferimento temporale (6 mesi per l’art. 67, nessun riferimento per l’art. 70);
- l’altra è il riferimento al fido (da tenerne conto per un articolo e non per l’altro).
Quanto al primo aspetto, si può essere certi che il sistema bancario cercherà di dimostrare come le riduzioni di debiti, o meglio ancora le singole rimesse, non siano né consistenti né durevoli, e tutto il contrario cercherà di dimostrare il curatore. Il conto corrente costituirà in ogni caso la base della discussione, ancorché i saldi debbano essere ricalcolati in base al saldo disponibile, in luogo del saldo contabile.
Analogo discorso per l’affidamento, influente o ininfluente, e per la eventuale prevalenza di uno dei due articoli sull’altro (67 e 70), con evidente diverso riferimento temporale (6 mesi al massimo per l’art. 67 e senza alcun limitare temporale per l’art. 70).
Per cercare di giustificare la presunta antinomia dei due articoli, difficili da conciliare tra loro, abbiamo individuato due possibili vie di soluzione:
Per quanto concerne il riferimento temporale, come si è visto, l’art. 70 non ne indica alcuno, contro in 6 mesi dall’art. 67.
Ecco allora la soluzione, o forse meglio una delle soluzioni possibili: si individua l’importo massimo revocabile nel “rientro”, determinato dall’art. 70, “rientro” verificatosi nel periodo in cui si prova la conoscenza dello stato di insolvenza senza alcuna limitazione temporale. Si potranno poi revocare rimesse, nel solo periodo massimo dei 6 mesi, che portino al massimo a quanto calcolato ex art. 70 L.F.. Quindi, due riferimenti temporali distinti.
L’altra possibile via di soluzione riguarda il riferimento o meno al fido. Tutta la costruzione della revocatoria ante riforma era indiscutibilmente basata sul concetto di conto scoperto, e quindi sull’extra fido.
Ora si discute se si debba o meno far riferimento al fido. Ove la risposta fosse positiva (ma a tutt’oggi la cosa non è certamente pacifica), il riferimento al fido potrebbe essere inteso per uno solo dei due articoli, e non per l’altro.
Si potrebbe allora sostenere che il riferimento al fido sia pertinente all’art. 67 (“esposizione debitoria” oppure “pagamento di debiti liquidi ed accertabili”) e non al 70 (“pretese”) oppure anche viceversa.
Ne deriverebbe un motivo in più di convivenza dei due articoli e una differente giustificazione degli importi revocabili. Si tratta di una interpretazione probabilmente forzata, da approfondire; è comunque evidente che siamo nel campo delle antinomie contigue (stessa norma che pare dire cose in contrasto). Ed in questo caso si deve appunto preferire la tesi interpretativa che salva l’applicabilità delle norme, la natura delle stesse. Ed allora, ecco che le due possibili soluzioni sopra indicate potrebbero soccorrere o singolarmente o addirittura assieme: un diverso riferimento temporale (6 mesi o senza termini) e/o riferimento o meno al fido.
Infine va evidenziato come al momento non si possa ancora prevedere l’effetto che la nuova norma potrà avere sulla giurisprudenza relativa alle azioni revocatorie regolate dalla vecchia normativa. In sostanza, potrebbe anche accadere che gli organi giudicanti inizino a mutare l’orientamento oggi consolidato proprio facendosi interpreti della nuova volontà legislativa, per esempio privilegiando il “vecchio” concetto del rientro per quantificare le somme revocabili. Ad oggi, comunque, tale “estensione” è sempre stata decisamente negata dalla giurisprudenza.
Vicenza, novembre 2009
Gli autori Giuseppe Rebecca Giuseppe Sperotti