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>> Anno 2014

Cessione di immobili da demolire

di Giuseppe Rebecca e Giulia Lovato
Il Fisco, n.3 2014

Premessa

L’operazione di vendita di immobili da demolire non è univocamente inquadrabile, sotto l’aspetto tributario. Mentre, infatti, ai fini delle imposte indirette non ci sono dubbi che si tratti di cessione di fabbricato, con l’applicazione delle relative imposte (registro 7%, ipotecarie 2% e catastali 1%, fino al 31 dicembre 2013[1]), ai fini delle imposte dirette potrebbe essere ritenuto trattarsi di cessione di terreno, e non di immobile, con tutte le conseguenze che saranno oggetto di analisi nel presente articolo.

Lascia basiti l’equiparazione che fa l’Amministrazione Finanziaria (Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008): cessione di fabbricati da demolire uguale cessione di terreno, equiparazione che si basa solamente su mere esigenze di gettito. Si consideri, infatti, che ai fini delle imposte dirette la cessione di fabbricato è operazione neutra nel caso di possesso ultraquinquennale o di provenienza successoria, mentre la cessione di area è sempre soggetta a tassazione. Assume, dunque, una certa rilevanza inquadrare correttamente l’operazione nell’uno o nell’altro ambito.

La tesi esposta nella Risoluzione n. 395/E, di cui si parlerà a breve e che dà origine alla tematica in esame, è stata più volte confermata dall’Amministrazione Finanziaria; sono invece numerose le sentenze di Commissioni Tributarie che vanno in senso contrario rispetto alla tesi dell’Agenzia delle Entrate: la cessione di fabbricato da demolire non può essere riqualificata in cessione di area edificabile. E questa è la tesi che anche noi sosteniamo[2].

Il caso in analisi

Il caso che vogliamo trattare riguarda la vendita di un fabbricato, da parte di un soggetto privato, e la sua demolizione, che può essere effettiva o anche solo ipotizzata, da parte dell’acquirente, privato o impresa.

Di seguito le possibile casistiche che possiamo incontrare.

a) Nell’atto di vendita viene fatto esplicito riferimento alla futura demolizione dell’immobile, sulla base del progetto già presentato dal venditore ed eventualmente già approvato o in fase di approvazione; oppure, il riferimento alla possibile demolizione può essere indiretto, ricavabile ad esempio dalla scelta della modalità di pagamento tramite permuta. In queste ipotesi, è indubbio che si sia di fronte alla cessione di un immobile da demolire; non lo è parimenti l’applicabilità della tesi dell’Amministrazione Finanziaria.

b) Nell’atto di vendita non viene fatto alcun riferimento alla possibile futura demolizione, o perché la stessa è ininfluente per le parti, o perché non costituisce motivazione specifica dell’atto di compravendita, o ancora perché viene considerata a parte rispetto alla cessione. Questi i possibili scenari:

§ Previsione urbanistica di demolizione: il Piano Regolatore prevede il possibile abbattimento dell’immobile acquistato; non è però detto che l’acquirente scelga effettivamente di demolirlo.

§ Area inserita in un Piano Urbanistico Attivo: l’acquirente, seppure l’immobile faccia parte di un PUA che ne prevede l’abbattimento, non è obbligato ad utilizzare le previsioni urbanistiche e quindi a procedere con la demolizione.

§ Piano di recupero: l’immobile facente parte di un Piano di Recupero che ne prevede la demolizione, potrebbe non essere demolito dall’acquirente, che può infatti decidere di tenere il bene così com’era al momento della cessione.

§ Ristrutturazione urbanistica: in caso presenti un progetto di ristrutturazione, l’acquirente può dover demolire in tutto o in parte l’immobile acquistato. Resta però una decisione dell’acquirente, che non deve essere fatta rientrare nella sfera tributaria del venditore.

La Risoluzione n. 395/E del 2008

La controversa tematica in esame, come già detto, trova origine nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 395/E del 22 ottobre 2008. Il caso riguardava la cessione, da parte di un privato, di un fabbricato posseduto da più di cinque anni, facente parte di un Piano di Recupero già approvato dal Comune, e che sarebbe stato demolito dall’acquirente, un’impresa di costruzioni. Il contribuente aveva ritenuto di presentare interpello per chiedere all’Amministrazione Finanziaria se si trattasse di cessione di area oppure no, e, nel caso in cui si fosse trattato di cessione di area, se i beni avessero comunque potuto essere oggetto di affrancamento, sulla base della normativa allora vigente, rivolta nello specifico alle aree fabbricabili (e non ai fabbricati).

L’Amministrazione Finanziaria ha allora ritenuto che, nel caso in questione di cessione di fabbricati ricompresi in un Piano di Recupero “oggetto della compravendita non possano essere più considerati i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatoria in corso di definizione” . Di conseguenza, l’Amministrazione Finanziaria ha anche ammesso la possibilità di rivalutare l’area (o, per meglio dire, il fabbricato).

Lo stesso dicasi per le cessioni di immobili da abbattere in generale, visto che questa interpretazione è stata poi estesa anche a questi casi. Pertanto, qualora si ceda un fabbricato che potrebbe essere demolito, in quanto facente parte di un Piano Urbanistico, o comunque al di fuori di questa previsione urbanistica, si incorrerà nel rischio – per non dire certezza! – che la cessione del fabbricato venga riqualificata in cessione di area edificabile, con le conseguenze del caso.

La differenza, come già anticipato, è presto detta: la tassazione!

Secondo l’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, sono redditi diversi, e quindi sottoposti a tassazione:

· le plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti/costruiti da meno di 5 anni, esclusi quelli ottenuti per successione;

· in ogni caso, le plusvalenze derivanti da cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

Pertanto, mentre la cessione di un immobile posseduto da più di 5 anni non genera plusvalenze tassabili, la cessione di un terreno, a prescindere dalla durata del possesso, che sia effettivamente tale, o che per l’Amministrazione Finanziaria sia da considerarsi tale, è sempre tassata.

La nostra critica alla Risoluzione n. 395/E del 2008

L’Amministrazione Finanziaria, nel documento in esame, compie un forzato salto logico, affermando che nel caso sottoposto alla sua attenzione oggetto della vendita non sono i fabbricati “ormai privi di effettivo valore economico”, ma bensì l’area sulla quale questi insistono “riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie”.

Prosegue così il testo della Risoluzione: “Al riguardo, è significativa la circostanza che lo schema di convenzione predisposto ha già stabilito le cubature ammesse in relazione alle varie tipologie di edifici realizzabili (residenziali, produttivi e destinati ad uffici e commercio). Dal predetto schema di convenzione risulta, inoltre, che l’area sarà sottoposta ad interventi di trasformazione urbana che comporteranno modifiche all’aspetto, alla consistenza e alle funzioni insediate, e che per la realizzazione degli edifici residenziali e uffici previsti sarà necessaria la preventiva demolizione degli edifici esistenti. Ad avviso della scrivente, concordemente a quanto ritenuto dalla Direzione Regionale, la fattispecie in esame appare riconducibile alla lettera b), trattandosi di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria” .

Quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria appare illogico e decisamente non coerente: oggetto della vendita è il fabbricato, non il terreno. L’atto di compravendita si riferisce al fabbricato, di nuovo non al terreno. E, invero, nell’atto sono indicati ben precisi dati catastali, il riferimento alla classe energetica dell’edificio, e di certo non è stato allegato il certificato di destinazione urbanistica, relativo solo ai terreni.

Gli interventi dell’Amministrazione Finanziaria in materia di imposte dirette

Analizziamo gli interventi dell’Amministrazione Finanziaria, alcuni anche ante Risoluzione n. 395/E/2008.

Interventi che confermano la Risoluzione n. 395/E/2008

a) Risoluzione n. 181 del 24 luglio 2007, quindi ante Risoluzione n. 395/E/2008, in risposta ad un interpello relativo al trasferimento di beni immobili inseriti in un programma integrato di intervento ai sensi di una legge della Regione Campania, l’Amministrazione Finanziaria aveva ritenuto che il trasferimento in questione generasse una plusvalenza tassabile, in quanto interessava un’area destinata ad essere “edificata ex novo in base alla regolamentazione del Piano integrato di riqualificazione urbanistico ambientale. Se la cessione, invece, avesse avuto ad oggetto dei fabbricati, la plusvalenza non si sarebbe realizzata” .

b) Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 31 maggio 2010 n. 909-28406/2010: la Direzione Regionale dell’Emilia Romagna conferma appieno la tesi della Risoluzione n. 395/E/2008, ovvero che l’atto di cessione di fabbricato da demolire, ai fini delle imposte dirette, va riqualificato come cessione di area edificabile.

c) Direzione Regionale Marche, risposta a interpello del 28 settembre 2010, prot. n. 23635: questo intervento risulta essere un po’ contraddittorio, in quanto prevede inizialmente che la cessione del fabbricato sia esclusa da imposizione, ma conclude asserendo che “se l’oggetto della cessione, …, dovesse essere rappresentato … dal terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria”, così come interpretato dalla Risoluzione del 22 ottobre 2008, n. 395/E, sarebbe opportuno inquadrare la fattispecie sottoposta nell’alveo definitivo dalla medesima Risoluzione” .

d) Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello 01 dicembre 2011 n. 909-59654/2011: l’interpello riguardava la cessione di un immobile con area pertinenziale edificata, cessione, secondo l’acquirente, da scindere in due: fabbricati (non imponibile) e area (imponibile). L’Agenzia asserisce che “la circostanza che il terreno abbia una potenzialità edificatoria e, quindi, sia idoneo ad un utilizzo diverso da quello meramente pertinenziale, fa presumere che l’intera area, al momento della cessione, assuma una qualificazione giuridica autonoma, venendo meno il rapporto di pertinenzialità. … in sede di vendita, agli effetti dell’applicazione dell’art. 67 del TUIR, la cessione dell’intero complesso immobiliare genera plusvalenza assoggettabile ad imposizione diretta” . In altre parole, non solo l’area pertinenziale edificata, ma l’intero complesso immobiliare rientra nella cessione di area.

Interventi in senso contrario alla Risoluzione n. 395/E/2008

Si ha anche una interpretazione in contrasto, e precisamente la Circolare n. 1/E/2007 del 19 gennaio 2007. L’Amministrazione Finanziaria ha stabilito, in questo documento, che in caso di acquisto di fabbricato da demolire, ma comunque al momento ancora atto all’uso, l’oggetto dell’acquisto in questione riguarda pur sempre un fabbricato, e non un’area. Al contrario, in caso di acquisto di un rudere lo stesso va considerato, da un punto di vista fiscale, acquisto di area.

Interventi in materia di imposte indirette

Negli interventi sopra richiamati ci si è riferiti alle sole imposte dirette.

In materia di imposte indirette le cose cambiano, il che non può che lasciare perplessi e sconcertati. Appare, infatti, irrazionale, e forse anche schizofrenico, attribuire ad un atto che è unico, che è formulato in un certo modo, due diversi significati in due ambiti diversi, ovvero cessione di area per le imposte dirette e cessione di fabbricato per le imposte indirette.

Questi sono i diversi interventi, in ordine cronologico:

a) Risoluzione n. 72/E del 23 marzo 2009. La Risoluzione, che evidenzia la “coerenza” dell’Agenzia delle Entrate sulla materia in esame, tratta il caso di cessione di area su cui, prima dell’effettivo acquisto, l’acquirente aveva provveduto ad eseguire i lavori di costruzione dell’edificio. Il quesito riguardava la possibilità di fruire delle agevolazioni previste per i piani particolareggiati (art. 33 DPR 601/73). La risposta dell’Amministrazione Finanziaria è stata negativa: “in virtù della forza attrattiva riconosciuta al suolo dai principi giuridici che disciplinano l’istituto dell’accessione nei confronti della costruzione realizzata, oggetto del trasferimento, non può essere considerato la “nuda area”, ma anche quanto su di essa insiste, che nel caso in esame è rappresentato dall’opificio realizzato dall’acquirente” . In questo caso, quindi, al fine di non concedere la relativa agevolazione, la cessione di area con immobile è stata riqualificata in cessione di fabbricato. Esattamente l’opposto di quanto indicato, un anno prima, dalla stessa Amministrazione Finanziaria, con la Risoluzione n. 395/E/2008.

b) Telefisco, 26 gennaio 2011. In risposta alla domanda su quale fosse il corretto inquadramento, ai fini IVA, di una cessione di immobile strumentale da abbattere, l’Agenzia delle Entrate asseriva che “il regime di tassazione ai fini IVA è strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell’acquirente” . Pertanto, ai fini delle imposte indirette (non solo IVA, ma anche imposte di registro, imposte ipotecarie e catastali), oggetto della cessione in esame è senza dubbio l’immobile.

c) Circolare n. 28/E del 21 giugno 2011. L’Agenzia delle Entrate riconferma sostanzialmente la tesi precedentemente sostenuta. Al punto 1.2 della suddetta Circolare, riprendendo le esatte parole utilizzate in occasione di Telefisco 2011, è, infatti, indicato che “come si evince dalla lettura della norma, il regime di tassazione ai fini IVA è strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell’acquirente” . In altre parole, viene riconfermata l’esenzione ai fini IVA, salvo opzione, della cessione in esame, in quanto cessione di fabbricato.

Sintetizzando tutti gli interventi sopra esposti, la conclusione (evidentemente poco o, meglio, per nulla logica) è che agli occhi dell’Amministrazione Finanziaria un atto di cessione può essere considerato in un modo ai fini delle imposte dirette, e in un altro modo ai fini delle imposte indirette, in base, evidentemente, alle esigenze di gettito della stessa AF, con conseguente abbandono di ogni concetto logico.

La posizione della Corte di Giustizia Europea

Anche la Corte di Giustizia Europea si è espressa in più occasioni su casi di cessione di immobili da abbattere, ma sempre limitatamente all’ambito delle imposte indirette.

Vediamo alcune delle sentenze:

- Sentenza C – 461/08 del 19 novembre 2009: il caso riguardava la cessione di un terreno con relativo fabbricato i cui lavori di demolizione erano già stati intrapresi dal venditore stesso. La Corte di Giustizia Europea ha ritenuto che si trattasse di cessione di area non edificata (soggetta ad IVA) e non cessione di fabbricato (esente). Certo ha avuto peso sulla decisione il fatto che la demolizione fosse stata iniziata, prima della cessione, dal venditore, che se ne era assunto anche il completamento.

- Sentenza C-326/11 del 12 luglio 2012: il caso riguardava, come sopra, la cessione di immobile. Anche qui, prima dell’acquisto erano stati iniziati i lavori di demolizione, ma questa volta eseguiti dall’acquirente su incarico e per conto della parte venditrice; tali lavori, sono stati proseguiti dall’acquirente anche dopo la cessione. La sentenza della Corte è andata però in senso contrario rispetto al caso precedente: oggetto della cessione deve ritenersi l’immobile e non il terreno, in quanto il venditore, pur avendo dato inizio ai lavori di demolizione, non li ha poi portati a termine.

- Sentenza C-543/11 del 17 gennaio 2013: in questo caso, il venditore del terreno si era impegnato a procedere alla demolizione dell’immobile sovrastante; per questo motivo, visto l’esplicito impegno, la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto essere oggetto della cessione non il fabbricato, bensì l’area.

Le interrogazioni parlamentari

Sul merito della questione cessione di immobili da abbattere si sono susseguite ben tre interrogazioni parlamentari, il che non è certamente usuale, stante lo strettamente identico ambito; interrogazioni che non hanno però sortito alcun effetto sulla posizione dell’Agenzia delle Entrate.

Queste le risposte alle interrogazioni:

- Interrogazione parlamentare n. 5-01881 del 7 ottobre 2009: l’interrogazione verteva sulla questione se la cessione di fabbricati posseduti da più di 5 anni e inseriti in un Piano di Recupero possa dar luogo a plusvalenza tassabile. La risposta ha confermato la tesi riportata nella Risoluzione n. 395/E/2008, aggiungendo però che la stessa fa riferimento ad un caso specifico, e che pertanto non può essere assunta a principio di carattere generale applicabile a diverse ipotesi di contratti di compravendita.

- Interrogazione parlamentare n. 5-04214 del 16 febbraio 2011: all’Amministrazione Finanziaria è stato chiesto di fare chiarezza tra quali compravendite di fabbricati possano essere riqualificate in compravendite di aree edificabili e quali invece vadano considerate senza ambiguità cessioni di fabbricati. Questa la risposta, in sintesi: ai fini dell’imposizione diretta assume rilevanza la destinazione del bene da parte dell’acquirente, mentre ai fini dell’IVA rileva esclusivamente la natura giuridica del bene oggetto della cessione.

- Interrogazione parlamentare n. 5-04701 del 4 maggio 2011: la questione verteva in questo caso sull’ipotesi di cessione di fabbricato da demolire, in tutto o in parte, pur se non facente parte di un piano di recupero. La risposta dell’Agenzia delle Entrate ha precisato che anche nel caso in cui i fabbricati ceduti non siano inseriti in un piano di recupero, vale sempre il principio esposto nella Risoluzione n. 395/E/2008 e nella Circolare n. 28/E/2011.

Dunque, è ribadito il concetto che la cessione di fabbricato da abbattere resta equiparabile alla cessione di terreno edificabile, ai soli fini delle imposte sul reddito.

La reazione del Consiglio Nazionale del Notariato

E’ di tutta evidenza come la tesi dell’Agenzia delle Entrate sul diverso trattamento impositivo della cessione di un immobile da demolire faccia sorgere una problematica in merito alla redazione dell’atto di cessione.

Sul punto è pertanto intervenuto il Consiglio Nazionale del Notariato con lo Studio n. 24-2012/T pubblicato il 20 dicembre 2012, esprimendo una posizione, contraria, in merito alle affermazioni dell’Agenzia delle Entrate.

Nel documento si asserisce l’incoerenza dell’Amministrazione Finanziaria: è insensato che “ai fini delle imposte indirette si realizzi la cessione di un fabbricato soggetta ad IVA, mentre ai fini delle imposte dirette si realizzi la cessione di un terreno” , visto soprattutto che le motivazioni dell’AF rispondono chiaramente soltanto ad un’esigenza di gettito. Ciò che crea sconcerto è il fatto che una cessione realizzata attraverso un unico atto non può avere una doppia valenza in base a ciò che il fisco vuole tassare, perché una cessione di fabbricato, ai fini del rogito notarile, richiede la regolarità edilizia e i dati catastali, mentre non è richiesto il certificato di destinazione urbanistica, obbligatorio per l’atto di cessione di un terreno.

La posizione della giurisprudenza

Riportiamo ora alcune recenti pronunce fornite dalla giurisprudenza sulla fattispecie in esame.

1. Sentenze a favore della tesi dell’Agenzia delle Entrate

1.1. Commissione Tributaria Regionale di Roma, sentenza n. 37 del 17 febbraio 2012

In questo caso la Commissione Tributaria giustifica la riqualificazione sulla base di due motivi:

- il valore della cessione è eccessivo per il solo fabbricato: il prezzo dimostra, seppur indirettamente, che la cessione ha per oggetto non un fabbricato (peraltro da demolire, in base a quanto espressamente indicato nel contratto di vendita), ma un terreno edificabile;

- il terreno in questione, in base a quanto indicato nel contratto, è inserito in un Piano Particolareggiato Esecutivo con destinazione urbanistica a residenze.

1.2. Commissione Tributaria di I grado di Bolzano, sentenza n. 87 del 17 giugno 2013

Il caso si riferisce al conferimento in una srl, da parte di un privato, di un immobile per il quale il soggetto conferente aveva precedentemente ottenuto la concessione edilizia per la demolizione. Per questo motivo la Commissione Tributaria ritiene che il conferimento del fabbricato debba essere riqualificato come conferimento di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria: l’oggetto del contratto è, infatti, sostanzialmente non il fabbricato, bensì la cubatura realizzabile. Si trasferisce in definitiva la potenzialità edificatoria, elemento che influisce anche sul prezzo di vendita, di regola superiore rispetto al valore del fabbricato destinato alla demolizione.

2. Sentenze contro la tesi dell’Agenzia delle Entrate

Sono però più numerose le sentenze contro l’Amministrazione Finanziaria.

2.1. Commissione Tributaria Provinciale di Modena, sentenza n. 78 del 29 febbraio 2012

Secondo la CTP, il fatto che la società acquirente avesse, in breve tempo dopo l’acquisto, iniziato la demolizione e richiesto il permesso di costruire, non costituiva fattore produttivo di alcuna plusvalenza tassabile; mancava, invero, la benché minima traccia indicante che oggetto del trasferimento fosse il terreno, senza contare poi che l’atto di vendita stesso riguardava un immobile.

Non risulta, inoltre, volontà delle parti diversa da quella di alienare un fabbricato e non un terreno: non possono essere alterati, da valutazioni di carattere fiscale, gli elementi essenziali del negozio giuridico.

2.2. Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza n. 86 del 26 marzo 2013

Questo caso riguardava la cessione di un fabbricato in pessimo stato di conservazione, per il quale, prima della vendita, è stato rilasciato un permesso di costruire per un intervento di “cambio di destinazione d’uso e ristrutturazione fabbricato al fine di ricavare abitazioni civili”. Per questo motivo, oltre che per il considerevole corrispettivo di vendita non rapportabile al valore di un fabbricato appunto in pessimo stato conservativo, e sicuramente riferito al terreno su cui insisteva l’immobile ceduto, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto tale cessione riqualificabile in cessione di terreno edificabile.

La CTP ha evidenziato però che la documentazione prodotta non rilevava l’intenzione delle parti di demolire il fabbricato: nella domanda di concessione edilizia, infatti, era indicata la volontà di ristrutturazione e cambio destinazione d’uso, mentre non risultava nessuna specifica domanda di demolizione che portasse a presumere la volontà di alienare un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria.

Inoltre, la Commissione non ha ritenuto motivo sufficiente l’elevato prezzo di vendita dell’immobile in quanto, conseguentemente a tale considerazione,“la valutazione di ogni fabbricato oggetto di ristrutturazione sarebbe attratto nella tassazione prevista dall’art. 81 [ora art. 67] in quanto si dovrebbe considerare l’area di sedime”.

2.3. Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, sentenza n. 45 del 3 maggio 2013

La vendita riguardava un fabbricato in relazione al quale il cedente aveva ottenuto, prima della vendita stessa, l’autorizzazione alla demolizione e ricostruzione, ampliando le cubature esistenti. Secondo l’Agenzia delle Entrate questa richiesta costituiva il presupposto per la riqualificazione della cessione in cessione di terreno edificabile, in quanto il fabbricato risulterebbe essere da demolire.

Nella realtà, il cedente ha fornito prova documentale che l’immobile in questione non era un rudere, ma aveva un suo rilevante valore economico; era, inoltre, in discreto stato di conservazione, tanto che è stato abitato parzialmente fino al momento della cessione.

Secondo la CTP, la vendita in questione non può essere riqualificata come vendita di terreno edificabile in quanto:

- dalla lettura del rogito notarile si evince che oggetto del trasferimento non è un’area, bensì un immobile;

- l’autorizzazione ottenuta dai venditori prima della vendita conferma che oggetto della vendita stessa è un fabbricato, e non un terreno edificabile non libero;

- l’autorizzazione ad aumentare le cubature presuppone la preesistenza di un immobile.

La CTP conclude affermando che “l’assunto dell’ente accertatore è contrario non solo al contenuto letterale dell’atto di vendita, ma anche – e soprattutto – all’oggetto concreto del contratto, che va correttamente individuato non in un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, ma in un immobile, ampliabile previa demolizione e successiva ricostruzione” .

2.4. Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sentenza n. 125 del 9 maggio 2013

Il caso era riferito ad una cessione di un fabbricato inserito in un Piano di Recupero, riqualificata, per questo motivo, in cessione di terreno edificabile. L’Agenzia delle Entrate ha motivato la sua posizione affermando che “oggetto della compravendita non possono essere considerati i fabbricati, ormai privi di effettivo valore economico, ma diversamente l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatoria” .

La CTP ha invece ritenuto che la natura del bene oggetto della compravendita non possa essere desunta esclusivamente dalla destinazione che il Comune ha previsto per la zona. Inoltre, l’Amministrazione Finanziaria non ha considerato che l’immobile in questione era, al momento della cessione, esistente, efficiente, utilizzabile ed effettivamente utilizzato, dato che nei 18 mesi successivi alla vendita vi è stata esercitata un’attività economica. Né ha considerato la volontà o meno delle parti di demolire l’edificio, sulla base di quanto indicato nell’atto di vendita o sulla base dei comportamenti successivi posti in essere dall’acquirente.

In conclusione, l’oggetto del contratto non poteva che essere ricondotto a quanto indicato nell’atto, e non andava riqualificato in altra fattispecie.

2.5. Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 271 del 7 ottobre 2013

In questa sentenza è stato esaminato il caso di una cessione di fabbricato per il quale, prima della transazione, era stato richiesto il permesso di costruire. Sulla base di questo assunto, l’Agenzia delle Entrate aveva provveduto a riqualificare la cessione in esame in cessione di area edificabile, ritenendo che ai fini dell’imposizione diretta assumeva rilevanza la destinazione del bene da parte dell’acquirente.

La Commissione Tributaria ha, invece, ritenuto che ciò che rilevava era l’oggetto dell’atto di vendita, a prescindere dall’intenzione dell’acquirente e dal fatto che antecedentemente fosse stato richiesto un permesso di costruzione – comunque non inserito nell’atto di compravendita – in quanto lo stesso avrebbe potuto essere stato richiesto per facilitare la conclusione del negozio.

La CTP conclude affermando che “il regime di tassazione è strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell’acquirente” ; non rilevava, in altre parole, l’eventuale intenzione dell’acquirente di abbattere il fabbricato, a maggior ragione per il fatto che lo stesso aveva, nel suo complesso, un valore economico.

Segnaliamo, tra gli interventi in contrasto con la tesi dell’Agenzia delle Entrate, anche la Sentenza n. 2723 del 10 maggio 2012 del Consiglio di Stato. Viene qui fatta una chiara distinzione di quando si possa ritenere di essere in presenza di fabbricato e quando invece in presenza di un’area: “la demolizione parziale si ha quando continua ad esistere una parte del manufatto, avente una propria autonomia, tale da far ritenere sussistente un edificio in senso tecnico. E non si può considerare esistente un edificio in senso tecnico, quando siano conservate soltanto le fondamenta e una parte del muro perimetrale, senza cioè la copertura ed i muri perimetrali” . In altre parole, finché è esistente una parte di fabbricato autonoma si può dire di essere in presenza di un fabbricato; in caso contrario, si avrà invece un’area.

L’interpretazione fornita dalla dottrina

1. Dottrina a sostegno della tesi dell’Agenzia delle Entrate

Segnaliamo, quale unico intervento a sostegno della tesi dell’Amministrazione Finanziaria, quello redatto da due collaboratori dell’amministrazione stessa [3].

Nell’articolo sono richiamate alcune sentenze, tra cui due della Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna, la n. 228 del 2002 e la n. 161/03/10 del 2010.

La prima sentenza riguardava la cessione di un fabbricato per il quale il venditore aveva richiesto preventivamente l’autorizzazione alla demolizione, concessa però solo dopo l’avvenuta vendita. In questo caso, la Commissione ha ritenuto che la cessione fosse relativa ad un’area, poiché “la cessione di un fabbricato successivamente demolito dal cessionario al fine di un più intenso utilizzo sia dell’area di sedime che di quella pertinenziale configura, nella sostanza, una cessione di terreno suscettibile di destinazione edificatoria, con conseguente attrazione della fattispecie nell’ambito della previsione di cui al comma 1, lettera b), dell’art. 81 [ora 67] del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917”.

Le motivazioni alla base della riqualificazione della cessione in esame in cessione di area edificabile sono state:

· la rapidità con cui si sono susseguiti la domanda di autorizzazione alla demolizione, il suo ottenimento e la cessione del fabbricato, nonché dell’area contigua;

  • la natura di impresa edile del cessionario;

· la coincidenza tra corrispettivo di vendita dell’immobile e il prezzo medio delle aree edificabili nella zona, in base alla delibera del Consiglio Comunale del Comune coinvolto;

· il prezzo di vendita dell’immobile, eccessivo in quanto pari a più del doppio della rendita catastale rivalutata, quando le medie statistiche indicavano la dichiarazione in atto di corrispettivi superiori del solo 20% al valore catastale.

Le prime due motivazioni sono legate alla sfera personale dell’acquirente: come già sottolineato nel presente scritto, l’autorizzazione alla demolizione può essere stata richiesta dal venditore anche solo per incentivare e agevolare la vendita. Per quanto riguarda, invece, la natura di impresa edile del cessionario, riteniamo che elementi e scelte personali dell’acquirente, come appunto la scelta di demolire o meno l’immobile dopo l’acquisto, non possono creare conseguenze nella sfera tributaria del venditore.

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto del corrispettivo di vendita, lo stesso assume rilevanza anche nella seconda sentenza di cui sopra, ovvero la n. 161/03/10 del 19 novembre 2010. Anche in base a questa sentenza il prezzo dichiarato dalle parti risulta essere tipico delle aree edificabili della zona, e non invero di fabbricati aventi le stesse caratteristiche di quello oggetto di cessione.

Non risulta chiaro, dall’intervento, se questa fosse l’unica motivazione addotta dalla CTP, ma se così fosse appare chiaro come la stessa sia facilmente smontabile: non è di certo possibile che un atto venga qualificato in un certo modo solo sulla base del prezzo di vendita. Ci chiediamo, infatti: e se il prezzo di vendita fosse stato uguale, o addirittura inferiore al valore del fabbricato, la riqualificazione non avrebbe avuto luogo?

In più, nella citata sentenza del 2010 si aggiunge anche che le imposte di registro e ipocatastali sono state applicate nella misura prevista per la cessione di area, non di fabbricato. Questo contrasta con la posizione dell’Amministrazione Finanziaria nell’ambito delle imposte indirette, che vede, quale corretto trattamento, in caso di cessione di fabbricato da demolire, quello dei fabbricati.

Nello stesso articolo in esame, vengono citate anche sentenze di Cassazione, nello specifico troviamo la n. 2937 del 4 aprile 1997. Il caso trattava della cessione di un’area con fondamenta, nell’ambito dell’applicazione dell’INVIM, da considerare area nuda o area con costruzione in corso.

Questa la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, cassata dai giudici: “Secondo l’amministrazione, infatti, l’art. 6, sesto comma (costruzione in corso) richiederebbe il mutamento di natura del bene, da terreno a fabbricato, mentre nel caso di acquisto di area sulla quale siano già state eseguite fondazioni il fabbricato già esisterebbe. Proprio perché l’ultimazione non produce cambiamento di natura del bene acquistato, dovrebbe applicarsi il primo comma del’art. 6, ferma la possibilità di detrarre dall’incremento di valore imponibile i costi di costruzione, ai sensi dell’art. 13 del D.P.R. n. 643 del 1972” . Come già detto, la Cassazione ha negato tale tesi, per cui la stessa non è di certo idonea a sostenere la posizione degli autori: la cessione riguarda un’area con costruzione in corso.

Sempre della Cassazione, gli autori citano anche la sentenza n. 8089 del 1 luglio 1992, nella quale la demolizione integrale del fabbricato è equiparata a costruzione nuova: “Nel caso di demolizione integrale o comunque talmente penetrante da lasciare, rispetto all’originaria costruzione, meri residui strutturali privi di autonoma valenza commerciale (con il sostanziale ripristino di una condizione fattuale di area nuda) verificandosi, per effetto della successiva ricostruzione, una vicenda di modificazione funzionale analoga alla “edificazione di area” considerata dal comma sesto dell’art. 6, va applicato, per identità di ratio, il diverso e peculiare criterio, da detta norma fissato, di tassazione separata degli incrementi di valore, rispettivamente, del suolo (fino alla data di inizio della nuova costruzione) e del fabbricato (nell’arco di tempo che va dalla sua ultimazione al momento della successiva alienazione con neutralizzazione del periodo della edificazione, inerente alla trasformazione dell’area)” . Quindi, presupposto per rientrare nell’ipotesi di nuova costruzione è la demolizione integrale del fabbricato preesistente; ma, come già detto, la sentenza in questione è relativa all’INVIM, imposta abrogata già da molti anni.

2. Dottrina contro la tesi dell’Agenzia delle Entrate

Diamo rilievo a due articoli, pubblicati in Dialoghi Tributari, che sostengono la tesi da noi condivisa.

Il primo intervento[4] evidenzia la non razionalità dell’Amministrazione Finanziaria nel voler riqualificare le cessioni di fabbricati da demolire in cessioni di aree edificabili; la plusvalenza realizzata a seguito della cessione non può “prescindere dalla natura dell’immobile al momento dell’acquisto, per come la percepivano i relativi titolari. … la natura dell’immobile serve a far capire la posizione del titolare. Che è quella di utilizzazione diretta dell’immobile o di investimento, fiscalmente irrilevante, rispetto a quella di «valorizzazione immobiliare», connessa ai terreni edificabili e alle lottizzazioni, che invece sono imponibili” .

Un secondo intervento degli stessi autori[5], tratta nello specifico la distinzione fatta dall’Agenzia delle Entrate tra imposizione diretta e imposizione indiretta della cessione di immobile da demolire, parlando di “indebite forzature economiciste”. Nello stesso, si analizza poi anche l’intervento del Consiglio Nazionale del Notariato, sottolineando che “se oggetto della compravendita era in realtà un’area edificabile, l’atto notarile [di cessione di fabbricato] è non solo sbagliato, ma, addirittura, affetto da nullità: il difetto di allegazione del certificato di destinazione urbanistica o della dichiarazione sostitutiva di esso importano, infatti, nullità (insanabile) dell’atto in quanto rappresentano requisito di validità del negozio di vendita dei terreni” .

Un’altra interessante citazione, nello stesso intervento, richiama alcune sentenze della Corte di Cassazione (ad es. la n. 2575/1990 [6] e la n. 4117/2002[7]) in cui viene affermato che “appare «stridente a chiunque col più elementare senso di giustizia che un medesimo bene, in un medesimo momento e contesto … possa avere agli effetti fiscali due valori diversi»” .

Aree pertinenziali

Riportiamo la massima della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Puglia (n. 123 del 4 maggio 2009): “le aree scoperte debbono essere oggetto di valutazione unitamente all’immobile cui sono annesse e del quale costituiscono pertinenza al tempo della compravendita, onde è illegittimo l’accertamento ai fini dell’imposta di registro che tali aree valuti separatamente e come suoli edificatori sulla base della circostanza che in epoca successiva alla compravendita il fabbricato sia stato abbattuto” .

In altre parole, l’abbattimento dell’immobile a seguito dell’acquisto non influisce sul valore del bene ceduto, o meglio delle aree che ne costituiscono pertinenza.

Un’ulteriore critica: i provvedimenti “piano casa”

Con i provvedimenti “piano casa” si sono voluti agevolare gli interventi urbanistici, concedendo la possibilità, a certe condizioni, di incrementare la volumetria dei fabbricati.

In questo caso, presupposto ovvio è la presenza del fabbricato da ampliare; di fronte ad un’area edificabile, tali provvedimenti non hanno ragione d’essere, non potendosi, infatti, aumentare la volumetria di un immobile non ancora esistente.

E’ anche prevista la possibilità che il fabbricato oggetto di “piano casa”, al fine di apportare modifiche alle planimetrie esistenti, sia abbattuto. E in questo caso la tesi dell’Amministrazione Finanziaria va in contrasto addirittura con quanto previsto dalla legge: infatti, mentre secondo la normativa del “piano casa” si sarebbe senza dubbio in presenza di un fabbricato, altrimenti non ci sarebbero i presupposti per l’applicazione del provvedimento in esame, ai fini delle imposte dirette si è in presenza di un’area edificabile.

Una situazione a dir poco contorta: da un punto di vista sostanziale e di diritto, siamo chiaramente di fronte ad una cessione di fabbricato; anche ai fini delle imposte indirette, come già visto, la tassazione sarà conseguente. E’ dunque indubbio che il bene è un fabbricato, e non un’area, poiché non può variarsi la natura del bene per le sole esigenze di gettito dell’Amministrazione Finanziaria; l’unico elemento che può variare è il valore del fabbricato, ma tale il bene in questione resta.

La nostra analisi

La tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria non è, a nostro parere, condivisibile, in quanto appare volta solamente a soddisfare le proprie esigenze di gettito.

La prima obiezione che è inevitabile sollevare riguarda la giustificazione che spesso l’Amministrazione Finanziaria adduce a sostegno della riqualificazione della cessione di fabbricato in cessione di area edificabile[8]: la “prevista” demolizione del fabbricato. Non è accettabile che la previsione del comportamento dell’acquirente (o del Comune se il fabbricato è inserito in un Piano di Recupero) sia ritenuta sufficiente a variare la sostanza delle cose, la natura del bene ceduto: appare forzato dare un determinato significato ad un atto, con evidenti ripercussioni nella sfera tributaria del venditore, solo sulla base di decisioni future di un soggetto terzo, ovvero l’acquirente. Cosa succederebbe, infatti, se l’acquirente alla fine decidesse di non demolire l’immobile?

Ci sembra, dunque, illogico equiparare, tra l’altro ai soli fini delle imposte dirette, la cessione di un fabbricato che l’acquirente (forse) demolirà dopo l’acquisto ad una cessione di area. A maggior ragione vedendo che, al contrario, ai fini delle imposte indirette questo accostamento non ha luogo, dato che in questo ambito il regime di tassazione è correlato alla natura oggettiva del bene ceduto. Viene da chiedersi come mai, invece, per la determinazione delle imposte dirette, rilevi la destinazione del bene da parte dell’acquirente.

Non è possibile dare una doppia valenza ad un atto unico, ovvero cessione di area ai fini delle imposte dirette e cessione di fabbricato ai fini delle imposte indirette: un fisco bifronte non è certamente una cosa razionale e logica. Senza contare che la redazione stessa dell’atto è diversa, nei due casi: sono richiesti la regolarità edilizia e dati catastali per la cessione di fabbricato, il certificato di destinazione urbanistica per la cessione di un terreno.

Controversa è anche l’applicazione delle imposte di registro: seppure l’Amministrazione Finanziaria provveda a riqualificare le cessioni di fabbricati da demolire in cessione di aree edificabili, non si preoccupa di ridefinire l’aliquota dell’imposta di registro dovuta (8% anziché 7%).

A questo punto, purtroppo, le alternative per il contribuente sono limitate:

1) considerare l’atto di cessione di fabbricato da demolire come tale, e quindi (se la cessione avviene trascorsi 5 anni dalla prima acquisizione), come operazione non rilevante ai fini delle imposte dirette, in quanto non genera plusvalenza tassabile. Sarà però certamente inevitabile, in questo caso, un accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria;

2) considerare l’atto di cessione di fabbricato come cessione di area, ai fini delle imposte dirette, presentando quindi la dichiarazione e contestualmente istanza di rimborso. Tenendo conto del sicuro silenzio dell’Agenzia delle Entrate, sarà di certo necessario proseguire con un ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale competente contro il silenzio/rifiuto;

3) adeguarsi all’attuale interpretazione ministeriale, approfittando dell’affrancamento delle plusvalenze sui terreni come da Ddl di stabilità 2014: si dovrebbe dunque rivalutare il fabbricato da demolire, ma facendo riferimento ad una perizia che deve essere riferita all’area, non all’immobile! E questa è la tesi che la stessa Amministrazione Finanziaria ha suggerito con la Risoluzione n. 395/E/2008.

Volendo approfondire l’ultima casistica sopra esposta, questa è la contorta situazione in cui verrebbe a trovarsi il contribuente: di fronte alla necessità di dover vendere un fabbricato, si dovrebbe preventivamente munire di una perizia di stima asseverata che attesti il valore non dell’immobile, bensì dell’area edificabile (il che vuol dire dover considerare l’immobile alla stregua di un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria!), il tutto al fine di consentire l’affrancamento del plusvalore. Dopodiché, si dovrà chiedere al notaio la redazione di un atto di cessione di fabbricato (che, come già detto, non necessita del certificato di destinazione urbanistica), in cui venga indicata anche la perizia effettuata sul terreno e dichiarare, ai fini delle imposte dirette, il reddito diverso.

Conclusioni

Non condividiamo la tesi dell’Amministrazione Finanziaria secondo cui la cessione di un fabbricato che verrà demolito dall’acquirente deve essere equiparata alla cessione di un’area. Il fatto, poi, che tale tesi sia sostenuta unicamente da esigenze di gettito, mina alla radice la posizione stessa dell’Agenzia delle Entrate.

La possibilità di azione del contribuente, come visto nel precedente paragrafo, è limitata ed anche onerosa. La scelta di procedere con l’affrancamento delle plusvalenze, pur essendo a nostro avviso la scelta più consigliabile, è anche la più “originale”: cedere un fabbricato, far rivalutare il terreno, dichiarare ai fini delle imposte dirette di aver ceduto un terreno, e ai fini delle imposte indirette trattare la cessione come cessione di fabbricato. Procedura che appare decisamente priva di logica, almeno per noi, ma, vista la posizione dell’Amministrazione Finanziaria sul tema, la sua illogicità non dovrebbe sollevare problema alcuno.


Cessione di immobili da demolire

Sintesi Prassi e Giurisprudenza

Cessione Fabbricato

Cessione Area

Circolare n. 1/E del 19 gennaio 2007 – per evidente contrasto

Risoluzione n. 181/E del 24 luglio 2007

Risoluzione n. 72/E del 23 marzo 2009 (imposte Indirette)per evidente contrasto

Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008

Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sentenza n. 123 del 4 maggio 2009

Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01881 del 7 ottobre 2009

Telefisco, del 26 gennaio 2011 (imposte indirette)

Corte di Giustizia Europea, sentenza del 19 novembre 2009, causa C-461/08

Circolare n. 28/E del 21 giugno 2011 (imposte Indirette)

Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 31 maggio 2010 n. 909-28406/2010

Commissione Tributaria Provinciale di Modena, sentenza n. 78 del 29 febbraio 2012

Direzione Regionale Marche, risposta a interpello del 28 settembre 2010 prot n. 23635

Consiglio di Stato, sentenza n. 2723 del 10 maggio 2012

Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-04214 del 16 febbraio 2011

Corte di Giustizia Europea, sentenza del 12 luglio 2012, causa C-326/11

Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-04701 del 4 maggio 2011

Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza n. 86 del 26 marzo 2013

Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 1 dicembre 2011 n. 909-59654/2011

Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, sentenza n. 45 del 3 maggio 2013

Commissione Tributaria Regionale di Roma, sentenza n. 37 del 17 febbraio 2012

Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sentenza n. 125 del 9 maggio 2013

Corte di Giustizia Europea, sentenza del 17 gennaio 2013, causa C-543/11

Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 271 del 7 ottobre 2013

Commissione Tributaria I grado di Bolzano, sentenza n. 87 del 17 giugno 2013

Sintesi Dottrina

Cessione di terreno

Alessandro Albano e Pasquale Stellacci, ne Il Fisco n. 17 del 2011, p. 2675

“Profili interpretativi in materia di cessione di fabbricati da demolire che insistono su area fabbricabile”

Cessione di immobili

G. Rebecca, Il Fisco n. 37/2010 p. 5959, n. 13/2011 p. 1999 e n. 33/2011 p. 5327

“Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreni”, “Cessione di fabbricati da demolire” e “Il fabbricato da demolire e le imposte”

Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L, in Dialoghi Tributari n. 6 del 2012

“«Riqualificazione» da fabbricato a terreno edificabile e accertamento di plusvalenza «speculativa»”

Il Notariato, Studio n. 24/2012/T del 20 dicembre 2012

“Questioni operative in tema di qualificazione dei terreni”

Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L, in Dialoghi Tributari n. 3 del 2013

“Conferme giurisprudenziali che i fabbricati demoliti dall’acquirente restano tali ai fini tributari”



[1] Dal 1° gennaio 2014 le aliquote dell’imposta di registro per i trasferimenti saranno le seguenti:

- 2%, se il trasferimento ha per oggetto case di abitazioni (escluse quelle rientranti delle categorie A1, A8 e A9) in presenza delle condizioni per le agevolazioni 1^ casa;

- 9% in tutti gli altri casi.

Le imposte ipotecarie e catastali verranno invece applicate nella misura fissa di € 50,00 ciascuna.

[2] Abbiamo già trattato il tema nei nostri “Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreni” neIl Fisco n. 37/2010 p. 5959, “Cessione di fabbricati da demolire” ne Il Fisco n. 13/2011 p. 1999, , e “Il fabbricato da demolire e le imposte” ne Il Fisco n. 33/2011 p. 5327. Qui diamo degli aggiornamenti, con nuove sentenze di Commissioni Tributarie.

[3] “Profili interpretativi in materia di cessione di fabbricati da demolire che insistono su area fabbricabile” di Alessandro Albano e Pasquale Stellacci, ne Il Fisco n. 17 del 2011, p. 2675.

[4] “«Riqualificazione» da fabbricato a terreno edificabile e accertamento di plusvalenza «speculativa»” , di Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L, in Dialoghi Tributari n. 6 del 2012.

[5] “Conferme giurisprudenziali che i fabbricati demoliti dall’acquirente restano tali ai fini tributari” , di Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L, in Dialoghi Tributari n. 3 del 2013.

[6] Sentenza di Cassazione n. 2575 del 29 marzo 1990 : la sentenza trattava dell’accertamento di maggiori imposte Invim e di registro dovute da acquirente e venditore di un appartamento al quale l’Amministrazione Finanziaria aveva attribuito un maggior valore rispetto a quello individuato dalle parti. Il ricorso, proposto solo dall’acquirente, si era risolto a suo favore; pertanto la Cassazione ha stabilito che anche la parte non ricorrente poteva giovarsi, ex art. 1306 del codice civile, della sentenza favorevole ottenuta da altro debitore solidale: la Pubblica Amministrazione, per un dovere di correttezza, non può profittare di situazioni contingenti favorevoli, quali appunto un accertamento non impugnato nei termini.

[7] Sentenza di Cassazione n. 4117 del 22 marzo 2002 : la sentenza trattava dell’accertamento della maggior imposta dovuta ai fini Irpef e Ilor, riprendendo a tassazione una maggiore plusvalenza per l'avviamento, conseguita a seguito della cessione dell'azienda. Secondo la Cassazione, il valore definitivamente assegnato, ai fini dell'imposta di registro, all'avviamento nell'ambito del trasferimento di azienda, è vincolante per l'Amministrazione finanziaria nell'accertamento, ai fini delle imposte sui redditi, avente ad oggetto plusvalenze realizzate con lo stesso trasferimento.

[8] Si vedano, in questo senso, le sentenze già analizzate n. 125/2013 della CTP di Ancona e n. 271/2013 della CTP di Milano.

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