Vicenza, Domenica 22 Dicembre 2024

Cessione di azienda con costituzione di rendita vitalizia Aspetti civilistici e fiscali

di Giuseppe Rebecca ed Enrico Fiammengo
Il Fisco, N. 18/2003

1. Aspetti civilistici

1.1. Inquadramento del trasferimento di azienda

Il codice civile disciplina il trasferimento definiti­vo (vendita) dell’azienda in cinque articoli (dal 2556 al 2560), collocati subito dopo la nozione di azienda all’art. 2555.[1] In coda riserva due articoli al trasferimento transitorio dell’azienda, ossia all’u­sufrutto (art. 2561) e all’affitto (art. 2562). Detta inoltre una disciplina specifica (art. 2112, riscritto a decorrere dal 1° luglio 2001 ex art. 1 del D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 18) sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.

Il legislatore evita di disciplinare in modo speci­fico la circolazione dell’azienda, e delega il conte­nuto del contratto di trasferimento alla volontà pattizia delle parti. Ciononostante, in considera­zione della complessità e della varietà di rapporti compresi nell’azienda (intesa come centro di imputazione di rapporti economici e giuridici), detta alcune norme di carattere generale che mira­no sia a rispettare le disposizioni già previste per il passaggio di alcuni beni contenuti nell’azienda (art. 2556 del codice civile), sia a disporre la conti-

1.2. Inquadramento della rendita vitalizia

La rendita vitalizia è un contratto aleatorio[2] che trova la sua sede normativa nel codice civile (artt. 1872-1881) nel quadro dei contratti tipici. Esso ha per oggetto la prestazione periodica di una somma di denaro (o di una certa quantità di cose fungibili) per la durata della vita del benefi­ciario [o di un’altra persona].[3]

1.3. La fattispecie

Dal punto di vista civilistico, la costituzione di una rendita in capo al cedente relativamente alla vendita a titolo oneroso di un’azienda o di un ramo d’azienda costituisce esclusivamente una modalità di pagamento del prezzo. È pertanto un contratto di trasferimento di azienda in cui il cedente, a fronte della cessione dell’azienda, riceve dal cessionario l’impegno a corrispondergli una prestazione periodica (in denaro o in altre cose fungibili) prestabilita.

2. Aspetti fiscali - Imposte dirette

2.1. La disciplina in capo al cedente

Il legislatore tributario si è astenuto dal regola­mentare l’ipotesi della cessione d’azienda con pagamento del prezzo mediante la costituzione di rendita vitalizia in capo al cedente aprendo così spazi interpretativi sull’applicazione corretta della disciplina fiscale da adottare per il cedente.

2.1.1. La tassazione diretta della rendita vitalizia

La disciplina delle imposte dirette da applicare alle rendite vitalizie è esente da discrezionalità interpretativa: ai sensi dell’art. 47, comma 1, lettera h), del Tuir, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 esse sono assimilate ai redditi di lavo­ro dipendente [4] e come tali pertanto vanno tratta­te.

2.1.2. La tassazione della plusvalenza ex art. 54, comma 5, del Tuir

Con la cessione di azienda, a fronte di una rendi­ta vitalizia, il cedente realizza una plusvalenza sog­getta a tassazione?

Il Tuir all’art. 54, comma 5, detta una disciplina specifica sulla tassazione della plusvalenza realiz­zata a seguito di cessione di azienda: “Concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso consentendo poi la tassazione separa­ta ove ne ricorrano i presupposti[5] ed escludendo ­esplicitamente i trasferimenti mortis causa o per atto gratuito a familiari.

Non vi sono dubbi, quindi, sulla tassazione della plusvalenza, se questa è certa e determinata.

La questione si incentra sul ritenere che, a fron­te della cessione di un’azienda con costituzione di rendita vitalizia in capo al cedente, si possa realiz­zare una plusvalenza certa e determinata: parte della dottrina e la giurisprudenza ritengono infatti che una. delle due prestazioni (il prezzo pagato tra­mite rendita vitalizia) non sia determinabile in via preventiva in maniera certa, in quanto legata alla durata della vita del beneficiario.

Nel corso degli anni la giurisprudenza in più occasioni ha sostenuto che in questa fattispecie non si realizzi alcuna plusvalenza tassabile ai sensi del­l’alt. 54, comma 5, del Tuir poiché non è determina­to il corrispettivo complessivo dal quale detrarre il valore dell’azienda per determinare la plusvalenza.

La lettura operata dall’Amministrazione finan­ziaria è invece diametralmente opposta: l’indeter­minatezza del valore della plusvalenza è facilmen­te superabile mediante procedimenti che consenta­no di attualizzare il valore della rendita al momen­to in cui la stessa è ritenuta imponibile.

2.2. La soluzione della dottrina: le tre alternative

La dottrina[6] individua tre soluzioni alternati­ve di imponibilità fiscale per il cedente di un’azien­da con costituzione di rendita vitalizia:

a) non si realizza alcuna plusvalenza tassabile ed ha rilevanza fiscale solo la rendita vitalizia per la parte conseguita in ciascun periodo d’imposta;

b) assume rilevanza fiscale solo la plusvalenza realizzata a seguito della cessione d’azienda (calcola­ta con metodi di matematica attuariale) concorren­do alla formazione del reddito del cedente nell’eser­cizio in cui è avvenuta la cessione, mentre la rendita vitalizia non ha rilevanza fiscale in quanto costitui­sce esclusivamente una forma di pagamento;

e) sia la plusvalenza che la rendita vitalizia hanno rilevanza fiscale.

La prima alternativa (la plusvalenza non è rilevan­te in capo al cedente) è quella prevalentemente accolta [7] e si fonda sul presupposto che la plusva­lenza da sottoporre a tassazione non è determinabile nel suo ammontare e nella sua durata temporale e pertanto non ha rilevanza fiscale. In capo al cedente verrà tassata soltanto la rendita vitalizia di compe­tenza di ciascun periodo d’imposta secondo le dispo­sizioni dell’art. 47, comma 1, lettera h), del Tuir.

Con la seconda ipotesi (la plusvalenza è rilevante in capo al cedente),[8] partendo dall’assunto che la rendita vitalizia costituisce il corrispettivo della cessione, si calcola il valore della plusvalenza attualizzando le quote annuali della rendita deter­minata all’atto della sua costituzione. La plusva­lenza così realizzata concorrerà alla formazione del reddito ai sensi dell’art. 54, comma 5, del Tuir.

La terza possibilità, rilevando come separati e distinti i momenti della realizzazione della plusva­lenza (che avviene con la cessione dell’azienda) e dell’incasso della rendita vitalizia (che avviene secondo la cadenza prestabilita dalle parti) somma gli effetti fiscali della prima e della seconda ipotesi e prevede la tassabilità sia della plusvalenza che della rendita vitalizia.

2.3. La soluzione dell’Amministrazione finanziaria: la rilevanza della plusvalenza in capo al cedente

La Direzione regionale delle Entrate della Cam­pania con la risoluzione n. 5792 del 29 luglio 1997 (in banca dati “il fiscovideo”), ha rilevato che le innovazioni introdotte dal Tuir rispetto al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, relativamente al momento impositivo della plusvalenza, sono da leggersi come volontà del legislatore di cambiare indirizzo in ordine alla modalità di tassazione dei redditi deri­vante da cessione di azienda con attribuzione di rendita vitalizia. L’Amministrazione finanziaria rileva che l’art. 54 del Tuir al comma 5 prevede che le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, concorrono a formare il reddito se “realizzate unitariamente” mediante cessione a titolo oneroso. L’art. 18 del Tuir stabilisce poi la tas­sazione separata dell’ammontare “conseguito od imputato” in conseguenza dell’operazione. L’utiliz­zo dei termini “realizzate” e “imputate” in luogo di “percepite” (presente nel D.P.R. n. 597/1973) ha indotto l’Amministrazione finanziaria a ritenere che il legislatore avrebbe ricondotto a tassazione le eventuali plusvalenze non più secondo il principio di cassa, ma secondo quello di competenza di cui all’art. 75 del Tuir. La stipula del contratto determi­nerebbe quindi il momento impositivo. Il quantum da assoggettare a tassazione è poi determinabile attraverso i calcoli di matematica attuariale.[9]

Un tale procedimento, da un lato, imprime la certezza e la determinabilità richieste dall’ari. 75 del Tuir e, dall’altro, evita una doppia imposizione in quanto la cessione con costituzione di rendita integrerebbe due autonomi presupposti: il realizzo della plusvalenza e il reddito vitalizio.

In conclusione l’Amministrazione finanziaria ritiene che sia quantificabile una plusvalenza (tas­sabile ai sensi dell’art. 54 del Tuir) da cessione di azienda anche se il cedente percepisce esclusiva­mente una rendita vitalizia e che tale plusvalenza sia determinabile attraverso l’applicazione di for­mule di matematica attuariale.

2.4. La soluzione della giurisprudenza tributaria: la non rilevanza della plusvalenza in capo al cedente

La Commissione tributaria Centrale ha statuito fin dalla decisione n. 1206/1990[10] che nel caso in cui il corrispettivo di una cessione di azienda sia rappresentato da una rendita vitalizia è impos­sibile determinare la plusvalenza, non potendo la stessa essere quantificata, stante l’indeterminatez­za del contratto.

Nello stesso senso, più recentemente, la Com­missione tributaria centrale si è nuovamente espressa con le decisioni n. 3101/1997 [11] e n. 3384/1999.[12]

La soluzione prospettata dalla giurisprudenza tributaria parte dalla definizione di plusvalenza dettata dall’art. 54, comma 2, del Tuir: “la plusva­lenza è costituita dalla differenza fra il corrispetti­vo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato ... “ e ritiene impossibile l’esistenza della plusvalenza in quanto non determinabile secondo la disposizione normativa che prevede che essa sia determinata dalla differenza tra quan­to percepito ed il valore complessivo dell’azienda. Nel caso di pagamento del prezzo attraverso rendi­ta vitalizia, il prezzo è indeterminato, essendo incerta per definizione la durata del vitalizio e quindi non può sussistere alcuna ipotesi di tassa­zione.

Vi è poi un ulteriore elemento rilevato dalla giu­risprudenza tributaria. La rendita vitalizia che il cedente annualmente percepisce in dipendenza della cessione di azienda è tassata quale reddito di lavoro dipendente [cui è assimilata ai sensi dell’art. 47, comma 1, lettera h), del Tuir] e pertanto il cedente è tenuto ad esporre nella dichiarazione annuale dei redditi l’importo incassato a detto tito­lo nel corso del periodo di imposta di riferimento. Nel caso in cui si volesse rilevare una plusvalenza tassabile al momento della cessione si avrebbe - in relazione al corrispettivo pattuito - una duplice tassazione, cioè una prima volta con la tassazione della plusvalenza e successivamente una seconda tassazione in sede delle annuali dichiarazioni dei redditi, il che non è consentito dall’ordinamento (art. 67 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600). [13]

In conclusione la giurisprudenza tributaria ritie­ne che l’eventuale plusvalenza che si dovesse rea­lizzare nel caso di cessione di azienda con attribu­zione di rendita vitalizia non è quantificabile e, di conseguenza, non è possibile assoggettarla a tassa­zione. [14]

2.5. Conclusioni sugli aspetti fiscali - Imposte dirette

La chiarezza del legislatore tributario non lascia spazi interpretativi circa l’assimilazione della ren­dita vitalizia al reddito di lavoro dipendente, che pertanto è tassata ai sensi dell’art. 47, comma 1, lettera h), del Tuir.

Per quanto concerne invece la tassabilità della plusvalenza, ai sensi dell’art. 54, comma 5, del Tuir

i presupposti per l’emergere di materia imponibile derivante dalla cessione d’azienda sono:

- che vi sia una cessione di azienda;

- il realizzo unitario della plusvalenza;

- l’onerosità della cessione.

Nel caso di cessione di azienda con costituzione di una rendita vitalizia non vi sono dubbi circa la cessione di azienda e l’onerosità della cessione. In dottrina è invece dibattuto il presupposto del rea­lizzo unitario della plusvalenza prevedendo tre possibili alternative in capo al cedente:

- la irrilevanza della plusvalenza e la rilevanza della rendita vitalizia;

- la rilevanza della plusvalenza e l’irrilevanza della rendita vitalizia;

- la rilevanza sia della plusvalenza che della rendita vitalizia.

La giurisprudenza si è pressoché allineata nel ritenere che sussista una oggettiva impossibilità nel quantificare la presunta plusvalenza e che pertanto essa non possa essere assoggettata a tas­sazione.

Vi sono invece decisioni dell’Amministrazione finanziaria in senso diametralmente opposto che, utilizzando la matematica attuariale, ritengono determinabile la plusvalenza e pertanto concludo­no per la sua tassabilità.

3. Aspetti fiscali - Imposte indirette

3.1. Iva

La cessione di azienda e di rami di azienda, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lettera b), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non è considerata cessione di beni e pertanto è esclusa dall’ambito di applica­zione dell’Iva.

3.2. Imposta di registro, catastale e ipotecaria

Le cessioni di aziende o di rami di aziende sono soggette ad imposta proporzionale di registro, con i criteri valutativi ed accertativi degli artt. 50, com­ma 3, 51, comma 2, e 52 del D.P.R. n. 633/1972.

Per i beni oggetto di cessione, l’imposta di regi­stro si applica ad aliquota del 3 per cento per la par­te mobiliare e del 7-8 per cento per la parte immobi­liare (cui si aggiungono le imposte ipotecarie e cata­stali pari ad aliquota complessiva del 3 per cento).

Nel caso di cessione dell’azienda con costitu­zione di rendita vitalizia, per determinare il prezzo di cessione si può ricorrere alla attualizzazione della rendita stessa secondo metodi matematici, determinando così un valore su cui applicare le aliquote delle imposte di registro, catastale e ipotecaria.


4. Conclusioni

L’ipotesi di cessione di azienda a titolo oneroso mediante costituzione di una rendita vitalizia non è disciplinata né dalla normativa civilistica, né da quella tributaria.

Sul piano civilistico si ricorre alla disciplina dei singoli contratti (cessione di azienda e rendita vitalizia) e si considera la rendita vitalizia una modalità di versamento del prezzo pattuito.

Sul piano delle imposte dirette non vi sono dub­bi che la rendita vitalizia debba essere tassata in capo al cedente come reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.

La tassazione dell’eventuale plusvalenza realiz­zata in capo al cedente è invece questione dibattu­ta. Queste sono le tesi avanzate:

- la dottrina, pur preferendo la soluzione del­la non rilevanza della plusvalenza in capo al cedente, non esclude l’ipotesi della tassabilità della plusvalenza, anche in aggiunta alla tassazione del­la rendita vitalizia come reddito assimilato al lavo­ro dipendente, spingendosi quindi a scontrarsi con la possibilità di una duplice tassazione del corri­spettivo della cessione d’azienda, dapprima come plusvalenza e poi come rendita vitalizia;

- l’Amministrazione finanziaria sostiene la rilevanza fiscale sia della plusvalenza (calcolata applicando le regole della matematica attuariale) che della rendita vitalizia,

- la giurisprudenza si è invece definitivamen­te uniformata nell’escludere la tassabilità della plusvalenza in quanto indeterminabile nell’entità, limitando la rilevanza fiscale alla rendita vitalizia.



[1] Codice civile

Art. 2555

Nozione

L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprendito­re per l’esercizio dell’impresa.

nuità dell’attività aziendale (artt. 2557 e 2558 del codice civile), sia, e soprattutto, a tutelare i terzi ossia clienti, fornitori, creditori, debitori in buona fede (artt. 2559 e 2560 del codice civile) e lavorato­ri dipendenti (art. 2112 del codice civile).

[2] Codice civile

Art. 1880

Modalità di pagamento della rendita (primo comma)

La rendita vitalizia costituita mediante contratto è dovuta al creditore in proporzione del numero dei giorni vissuti da colui sulla vita del quale è costituita.

[3] Codice civile

Art. 1873

Determinazione della durata

La rendita vitalizia può costituirsi per la durata della vita del beneficiario o di altra persona.

Essa può costituirsi anche per la durata della vita di più per­sone.

[4] L’art. 13, comma 1, del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47 ha cancellato la previgente disposizione dell’alt. 48-bis, comma 1, lettera e), del Tuir per la quale “Le rendite costituiscono reddito per il 60 per cento dell’ammontare lordo percepito nel periodo d’imposta” e pertanto le rendite costituiscono oggi reddito al 100 per cento del loro ammontare lordo percepito nel periodo d’imposta. Ai sensi del successivo art. 16 la disposizione si applica per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2001, data di effetto del predetto decreto.

[5] Ai sensi dell’art. 16, comma 1, lettera g), e comma 2, del Tuir possono essere tassate separatamente le “plusvalenze, compreso il valore di avviamento, realizzate mediante cessio­ne a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni ...” da persone fisiche.

L’art. 1 del D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358 ha disciplinato l’im­posta sostitutiva sulle plusvalenze da cessione di azienda prevedendo che “Le plusvalenze realizzate mediante la cessione di aziende possedute per un periodo non inferiore a tre anni e determinate secondo i criteri previsti dall’articolo 54 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Pre­sidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, possono essere assoggettate ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, con l’aliquota del 19 per cento…”

[6] Cfr. per tutti Leo, Monacchi, Schiavo, Le imposte sui red­diti nel testo unico, Giuffrè, Milano, 1999.

[7] Leo, Monacchi, Schiavo, op. cit.

[8] Monarca, op. cit.

[9] Cfr. risoluzione della Direzione regionale della Campania 29 luglio 1997, n. 5792: “Individuato il momento impositivo delle plusvalenze in questione in base al principio di competen­za, ancorché soggette a tassazione separata, si rende necessario quantificare ... l’importo del corrispettivo conseguito a fronte della cessione; occorre, cioè, attualizzare il valore capitale della rendita vitalizia in modo da poter determinare la plusvalenza da tassare”.

[10] Cfr. decisione della C.T.C. 15 febbraio 1990, n. 1206 (in “il fisco” n. 12/1990, pag. 1946), massima: “Affinché il valore di avviamento possa essere tassato a norma dell’art. 54 del D.P.R. 597 del 1973 è necessario che con la cessione dell’azienda sia stata realizzata e percepita una plusvalenza. Ne consegue che non è assoggettabile a tassazione il valore dell’avviamento con­seguito con la cessione di un’azienda qualora il corrispettivo della stessa sia costituito da una rendita vitalizia il cui importo annuo deve essere dichiarato dal cedente nella dichiarazione annuale dei redditi, quale reddito di lavoro dipendente, con separata indicazione delle ritenute alla fonte operate dal cessio­nario a norma degli artt. 23 e 24 del D.P.R. n. 600 del 1973”.

[11] Cfr. decisione della C.T.C. 12 maggio-11 giugno 1997, n. 3101 (in banca dati “il fiscovideo”}, massima: “Nell’ipotesi di cessione di farmacia con costituzione di una rendita vitalizia, non avendo il cedente introitato plusvalenze, il valore dell’av­viamento non può essere tassato autonomamente, mentre l’im­porto della rendita vitalizia è soggetto a tassazione come reddi­to assimilabile a quello di lavoro dipendente ai sensi dell’art. 47, lettera e), del D.P.R. n. 597 del 1973”.

[12] Cfr. decisione della C.T.C. 9 aprile 1999, n. 3384: “... resta in ogni caso insuperabile il rilievo ... circa l’impossibilità di pro­cedere alla determinazione di una plusvalenza, in ipotesi di ces­sione di azienda contro la costituzione di una rendita vitalizia, stante l’oggettiva indeterminatezza dell’entità complessiva del corrispettivo pattuito, da cui poter detrarre il valore dei beni aziendali, onde ottenere per differenza una plusvalenza tassabi­le separatamente”.

[13] D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e successive modifica­zioni ed integrazioni

Art. 67

Divieto della doppia imposizione (primo comma)

La stessa imposta non può essere applicata più volte in dipendenza dello stesso presupposto, neppure nei confronti di soggetti diversi.

[14] Cfr. sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma, Sez. V, n. 149/05/00 del 3 aprile 2000: la “... cessione di azienda dietro corrispettivo di una rendita vitalizia ... , di per sé, ha natura aleatoria e quindi non è riconducibile a plusvalenza certa e tassabile dovendo invece essere correttamente conside­rata imponibile soltanto la rendita vitalizia annua”.

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