Ma questi derivati
di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 214 - Luglio / Agosto 2013
La Banca d’Italia a fine maggio 2013 ha diffuso una analisi delle posizioni delle maggiori banche italiane relativamente a derivati OTC (Over The Counter). L’indagine è promossa dal Committee on the Global Financial System che si riunisce a Basilea.
Oggetto dell’analisi sono il valore nominale e il valore lordo di mercato, sia esso positivo o negativo dei contratti derivati su tassi di cambio, tassi di interesse, azioni e indici azionari Credits Default SWAPS (CDS).
Dal Comunicato della Banca d’Italia risulta che il totale delle posizioni in derivati al 31 dicembre 2012 è diminuito, in Italia, rispetto a giugno 2012.
“Il valore nominale dei contratti in essere presso le banche italiane rappresenta una quota assai modesta dell’intero campione dei paesi che partecipano all’indagine (1,4 per cento)” (Banca d’Italia, comunicato stampa).
Ma osserviamo le cifre; a fine del 2012, l’ammontare nominale in derivati è pari a 9,424 miliardi di dollari, contro i 9,831 di giugno. C’è un calo; la cifra è poca cosa, rispetto al resto dei paesi, ma si tratta di una cifra a nostro avviso monstre; è quasi 4 volte il debito pubblico e 5 volte il PIL.
A noi, non competenti di economia pubblica, pare una enormità.
Cosa se ne fanno le banche di posizioni così elevate? Cosa possono coprire? È ben vero che a livello mondiale il monte derivati supera i 600.000 miliardi di dollari, ma è proprio in questa entità che può celarsi il problema finanziario mondiale e la prossima sicura crisi monetaria.
La Banca d’Italia ci dà anche i risultati economici, con un valore di mercato positivo di 260,50 miliardi contro un valore negativo di 254,50 milioni di debito, con una differenza positiva di 6 miliardi di dollari, indubbiamente si tratta di cifre molto alte.
E in ogni caso, i 6 miliardi di delta positivo per le maggiori banche nazionali paiono eccessivi.
O le banche fanno speculazione, mettendo così a rischio il loro futuro, oppure si coprono, ma evidentemente con controparti al di fuori del mercato interno (soggetti esteri) che quindi necessariamente hanno un correlato risultato negativo.
Non c’è molto di cui compiacersi, ad avviso di un semplice cittadino poco esperto.