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Non più accertamenti infiniti con la riforma fiscale

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 22 marzo 2024

La legge delega per la riforma tributaria (legge n. 111 del 9 agosto 2023) tra i vari aspetti interviene anche su una annosa questione molto dibattuta, e al momento interpretata dalla Cassazione, anche a Sezione Unite, quasi sempre a favore della amministrazione fiscale.

Ci riferiamo ai termini di decadenza per gli accertamento fiscali, se cioè si debba far riferimento, come anno di decorrenza iniziale, all’anno in cui un diritto o un importo viene utilizzato o piuttosto all’anno in cui questo diritto o importo è sorto. La questione è di estrema rilevanza, riguardando moltissimi aspetti del rapporto fisco-contribuente. Secondo la tesi dell’Amministrazione fiscale, si dovrebbe sempre far riferimento all’anno in cui il diritto o importo viene utilizzato. Nel prosieguo saremo più precisi.

Ne abbiamo già trattato in modo diffuso in nostri precedenti articoli; da ultimo, Gli accertamenti quasi infiniti e le legge delega per la riforma tributaria, ne Commercialista Telematico del 13 novembre 2023, articolo al quale rimandiamo per eventuali approfondimenti e dal quale riprendiamo qualche parte.

Ritorniamo sull’argomento confidando in un maggior approfondimento, da parte della dottrina, e nell’attesa che le Sezioni Unite si pronuncino sugli ultimi casi che da tempo le sono stati rimessi.

 

Articolo 17 della legge delega

La legge delega tratta l’argomento alla lettera h) dell’articolo 17 che qui riportiamo.

“Art. 17 Principi e criteri direttivi in materia di procedimento accertativo, di adesione e di adempimento spontaneo

1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1 il Governo osserva altresì i seguenti principi e criteri direttivi specifici per la revisione dell'attività di accertamento, anche con riferimento ai tributi degli enti territoriali……

h) assicurare la certezza del diritto tributario, attraverso:

1) la previsione della decorrenza del termine di decadenza per l'accertamento a partire dal periodo d'imposta nel quale si è verificato il fatto generatore, per i componenti a efficacia pluriennale, e la perdita di esercizio, per evitare un'eccessiva dilatazione di tale termine nonché di quello relativo all'obbligo di conservazione delle scritture contabili e dei supporti documentali, fermi restando i poteri di controllo dell'Amministrazione finanziaria sulla spettanza dei rimborsi eventualmente richiesti”

Sul punto, la relazione tecnica così illustra le motivazioni della norma:

“La lettera g) “ (ora h)) “del comma 1 introduce alcune misure volte ad assicurare la certezza del diritto tributario: in particolare, al fine di garantire un incremento della certezza giuridica nell’ordinamento tributario, con il numero 1) il Governo è delegato a prevedere che, in relazione ai componenti reddituali a efficacia pluriennale e per le perdite di esercizio, i termini di decadenza dal potere di accertamento decorrano dal periodo d’imposta nel quale si è verificato il fatto generatore. Tale criterio mira a evitare un eccessivo aggravio degli oneri amministrativi per il contribuente in termini di eccessiva dilatazione dei tempi di controllo e dell’obbligo di conservazione delle scritture contabili. Restano fermi i poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria sulla spettanza dei rimborsi richiesti dal contribuente.”

La Commissione affari costituzionali il 3 agosto 2023 era così intervenuta, in merito alle modifiche apportate dal Senato: “Altre norme sono rivolte ad assicurare una maggiore certezza del diritto tributario anche attraverso la diminuzione degli aggravi degli oneri amministrativi previsti per il contribuente.”

“Sulla base di queste indicazioni, la incerta situazione attuale dovrebbe finalmente risolversi; ovviamente sono da attendere i decreti delegati, ma l’indicazione del legislatore è chiara. Nessun appesantimento per accertamenti dilatati nel tempo. Probabilmente ci saranno delle disposizioni particolari unicamente per i crediti, ma solo per questa situazione.”

 

Gli interventi delle Sezioni Unite (4 casi, 7 remissioni)

La situazione odierna relativamente ai termini di decorrenza per l’accertamento non è certamente del tutto chiara e soprattutto univoca.

E tra le tante sentenze di Cassazione, dal 2020 si hanno ben 7 ordinanze di rimessione alle Sezioni Unite, le quali si sono pronunciate solo su tre di queste, relative a due dei quattro casi riscontrati.

Questi i primi due casi per i quali le Sezioni Unite si sono pronunciate.

1) Cassazione n. 10751 del 5 giugno 2020 cui ha fatto poi seguito la sentenza a Sezioni Unite n. 8500 del 25 marzo 2021.

Il caso si riferiva all’utilizzo delle quote di svalutazione crediti eccedenti a quanto annualmente ammesso in detrazione, per gli istituti di credito. La Cassazione ha ritenuto che l’accertamento su tali quote potesse essere fatto, nell’anno di utilizzo, indipendentemente dall’anno di origine di tali quote.

2) Cassazione n. 15525 del 21 luglio 2020 e n. 20842 del 30 settembre 2020 cui hanno poi fatto seguito le sentenze a Sezioni Unite n. 21765 e 21766 del 29 luglio 2021.

Il caso si riferiva al riporto di un credito IVA, se tale riporto potesse posticipare i termini per l’accertamento del credito stesso. La Cassazione a Sezioni Unite ha sostenuto la tesi della posticipazione dei termini. Ricordiamo come invece Cass. n. 3098 del 2019 fosse stata di contrario avviso, mentre Cass. n. 5069/2012 e n. 18710 del 22 giugno 2022 si siano pronunciare per la posticipazione dei termini.

Mancano ancora le pronunce su quattro remissioni, se non andiamo errati, anche se il lungo periodo passato, almeno per la prima di queste (era il 2020), potrebbe far ritenere che si tratti di una nostra carenza nella ricerca.

Ecco le 4 remissioni per le quali si è ancora in attesa delle sentenze delle Sezioni Unite:

a) Cassazione n. 16752 del 6 agosto 2020 cui, se non andiamo errati, nonostante il lungo periodo di tempo passato, non ha ancora fatto seguito la sentenza a Sezioni Unite. Ma non ne siamo sicuri, proprio per il lungo lasso di tempo intercorso. Parrebbe quantomeno strano che a distanza di quasi quattro anni non ci sia ancora stato un provvedimento, in merito.

Il caso si riferiva all’utilizzo delle quote di ammortamento, se un eventuale controllo potesse avere ad oggetto l’anno in cui il bene è entrato in funzione o piuttosto l’anno di utilizzo delle quote di ammortamento. Ricordiamo come Cass. n. 9993/2018 si fosse invece pronunciata per il riferimento al solo anno di sostentamento della spesa. Conforme Cass. n. 2899/2019. Precedentemente Cass. n. 9834/2016; in senso contrario Cass. n 15178/2010 e 12880/2008

b) Cassazione n. 35536 del 2 dicembre 2022, n. 3784 dell’8 febbraio 2023 e n. 8475 del 24 marzo 2023 per le quali le Sezioni Unite non si sono ancora pronunciate

Il caso delle prime due sentenze si riferiva ai termini temporali per il recupero di crediti di imposta, che secondo la Cassazione (n. 24903 del 2020) è di 8 anni a decorrere dal momento di utilizzo del credito e non dalla presentazione della dichiarazione. Tutto verte anche sulla qualifica di credito, inesistente (8 anni) o non spettante (4 anni). Nello stesso senso Cass. n. 17750 del 21 giugno 2023.

 

Gli altri possibili casi analoghi

Le sette ordinanze sopra riportate si riferiscono a quattro casi diversi, tutti caratterizzati dal passaggio del tempo dal momento iniziale al successivo momento di utilizzo.

Abbiamo individuato anche altri 6 casi con le stesse caratteristiche, e solo per alcuni dei quali già con qualche sentenza di Cassazione, ma non a Sezioni Unite, e precisamente:

1) L’utilizzo delle perdite fiscali

Le perdite fiscali sono accertabili nell’anno di utilizzo o solo in quello di formazione? Secondo Cass. n. 417/2015 la decorrenza dei termini per un eventuale accertamento decorre dall’anno di formazione.

In merito si può ricordare anche la sentenza di Cass. n. 24880 del 18 agosto 2022 che ha applicato, in modo speculare, i principi dettati dalla sentenza n. 8500/2021; il caso si riferiva a riporto perdite la cui entità era stata ridotta in anni precedenti dall’agenzia delle Entrate. Anche in assenza di contestazione per quelle annualità, da parte del contribuente, nulla impedisce che lo stesso contesti, nel caso specifico avendone solo ora interesse, la riduzione di queste perdite per l’anno in cui le utilizza. In pratica, pur non avendo contestato precedentemente, può farlo ora, per annualità successive. Non siamo convinti che sia una soluzione corretta, comunque. A dire il vero, ci sembra un obbrobrio.

2) L’utilizzo delle detrazioni di imposta

Il controllo deve essere fatto con riferimento all’anno di sostenimento delle spese o per l’anno di utilizzo? CTR Torino n. 1698/2018 del 25 ottobre 2018 e CTR Milano n. 2597/49/15 del 16 aprile 2015 hanno ritenuto valido il riferimento all’anno di formazione del diritto.

3) I bonus edilizi

Stessa identica problematica si può riscontrare nell’utilizzo dei vari bonus fiscali; si guarderà, per la decadenza, all’anno di sostenimento della spesa o all’anno di utilizzo della detrazione?

Tenuto conto dello sviluppo che questi incentivi hanno avuto, la problematica diverrà di grandissima rilevanza. Al momento è troppo presto per avere possibili prese di posizione.

4) La restituzione dei finanziamenti ai soci

La restituzione di finanziamenti ai soci, finanziamenti effettuati in periodi di imposta non più accertabili, potrà essere considerato reddito nell’anno di restituzione? Secondo Cass. n. 18370/2021 sì.

5) Le spese incrementative

Le spese incrementative non documentate possono non essere considerate, in sede di vendita, al fine di ridurre l’eventuale plusvalore? Secondo Cass.n. 748/2021 sì.

6) Quote di ammortamento di avviamento

Nel caso di quote di ammortamento di avviamento derivanti dalla allocazione di un disavanza da fusione, eventuali contestazioni devono far riferimento all’anno di origine della contabilizzazione dell’avviamento, e non dell’utilizzo della quota. Cass. n. 7438/2023.

 

I decreti delegati

Il governo ha due anni di tempo, dal 29 agosto 2023, e quindi fino a tutto il 29 agosto 2025, per l’emanazione dei decreti delegati

Tutto dovrebbe quindi cambiare, almeno per il futuro.

Non sarà quindi più necessario conservare la documentazione fino allo spirare del termine per l’accertamento dell’anno in cui è sorto il dato contabile. Nel caso di rimborsi, probabilmente questo potrebbe risultare necessario.

Resta in ogni caso l’incognita della situazione attuale, caratterizzata da accertamenti dilatati in modo infinito, nel tempo, e le Sezioni Unite, per i casi in cui si si sono pronunciate, con interpretazioni che potrebbero far ipotizzare una incostituzionalità delle norme.

Qualora, tenuto anche conto che le nuove norme sono una novità, dovesse essere confermata pure dalle prossime sentenze di Cassazione la validità della tesi dell’Agenzia delle Entrate, con dilazione dei tempi anche per decenni, non resterebbe che eccepire la incostituzionalità della norma, così come interpretata. Non si può costringere il contribuente a conservare documentazione per decenni.

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