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La trasformazione di Società Semplice in SRL

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 18 giugno 2024

Quali sono le regole e le criticità della trasformazione eterogenea progressiva da Società Semplice a SRL? Come cambia la tassazione ai fini delle imposte dirette? Analizziamo ad esempio il caso tipico della società immobiliare.

La trasformazione eterogenea progressiva di una società (trasformazione di una società semplice in società di capitali) è operazione non molto diffusa, e davvero poco trattata dalla dottrina e anche dall’Amministrazione finanziaria.  L’attenzione dei più è stata soprattutto posta al caso contrario, molto più praticato, cioè la trasformazione eterogenea regressiva (trasformazione di società di capitali in società semplice), e le varie norme agevolative di questi anni hanno proprio riguardato queste particolari operazioni.

Qui analizziamo le problematiche che si pongono nel caso appunto di una trasformazione di una società semplice in srl.  Ne avevamo già trattato nel 2021 (“Trasformazione di società semplice in S.r.l.”. sempre ne Commercialista Telematico); qui ne riprendiamo l’analisi, con qualche integrazione, confidando anche in un maggior interesse da parte della dottrina, al momento è invero scarso.

Il caso: da SS immobiliare a SRL immobiliare

Ricordiamo come la società semplice costituisca la forma più elementare di società di persone prevista dal codice civile. Per oggetto può avere solo l’esercizio di attività economiche non commerciali, e quindi attività agricole, professionali oppure gestione di immobili o di partecipazioni.

Analizziamo il caso di una società semplice immobiliare che decide di trasformarsi in Srl, al fine di ristrutturare il patrimonio immobiliare destinato poi, a ristrutturazione effettuata, alla vendita. Si tratta chiaramente di una nuova attività imprenditoriale, tra l’altro soggetta ad IVA. Invero, ove si trattasse di una sola unità da ristrutturare, la questione potrebbe anche non porsi, ma in presenza di più unità, la caratteristica della attività svolta diventa imprenditoriale.

Il discrimine tra le due diverse attività (commerciale e non commerciale) non appare comunque certamente preciso, e si dovrà valutare caso per caso.

Due sono gli aspetti che possono interessare, relativamente a tale trasformazione:

  1. Il trattamento ai fini delle imposte dirette;
  2. I valori di riferimento.

Il trattamento ai fini delle imposte dirette

La trasformazione di una società semplice in una S.r.l. rientra in una operazione di trasformazione eterogenea (da società di persone a società di capitali) disciplinata, sotto l’aspetto fiscale, dall’articolo 171, comma 2 del TUIR.

Infatti, si ha la acquisizione del carattere commerciale della attività, come confermato anche dalla DRE del Piemonte con risposta ad interpello n. 46754 del 20 luglio 2007.

L’articolo 171, comma 2 del TUIR così specifica:

“2. La trasformazione, effettuata ai sensi dell’articolo 2500 octies del codice civile, di un ente non commerciale in società soggetta all’imposta di cui al Titolo II si considera conferimento limitatamente ai beni diversi da quelli già compresi nell’azienda o complesso aziendale dell’ente stesso”.

L’art, 2500 octies codice civile invero non comprende esplicitamente anche le società semplici, ma si deve intendere, per assimilazione, che vi siano ricomprese.

All’operazione si applica pertanto quanto disposto dall’art. 67, comma 1, lett. n) del TUIR secondo il quale, ai fini IRPEF, costituiscono redditi diversi, tassabili, le “plusvalenze realizzate a seguito di trasformazione eterogenea di cui all’art. 171, comma 2, ove ricorrano i presupposti di tassazione di cui alle lettere precedenti”.

La tassazione di tali plusvalenze potrà quindi avvenire solo qualora ricorrano le condizioni richiamate dalle precedenti lettere dello stesso articolo 67 TUIR. Conseguentemente i, qualora ci fosse una trasformazione in Srl (ma lo stesso accadrebbe se la società si trasformasse in altra società di persone) di una società semplice proprietaria di fabbricati o terreni non edificabili, posseduti da oltre un quinquennio, l’operazione non comporterebbe alcuna emersione di plusvalenze tassabili, non rientrando tale tipologia di cessioni tra quelle considerate tassabili ex art 67 TUIR.

Invece, in presenza di aree fabbricabili o di beni posseduti da meno di 5 anni si avrebbe la tassazione della plusvalenza, in base appunto all’art. 67, comma 1, lettera b) del TUIR.

Lo stesso si deve intendere nel caso di scissione di società semplice in società commerciale.

I valori di riferimento

Per i beni che concorrono a realizzare la plusvalenza tassabile il valore da indicare sarà il valore normale, non il costo storico (come anche confermato dalla relazione governativa al D.Lgs n. 344/2003).

Invece, per i beni che non concorrono alla realizzazione di una plusvalenza tassabile in sede di trasformazione quale sarà il valore di riferimento, ai fini fiscali? Non abbiamo riscontrato analisi specifiche, sul punto.

Per assimilazione, se per i beni tassabili si deve considerare il valore normale all’atto della trasformazione, si dovrebbe ritenere applicabile lo stesso identico principio anche per i beni non tassabili. E, in effetti, la logica porta a questa soluzione. L’incremento di valore realizzato da ogni bene ante trasformazione non è soggetto ad imposte, e quindi dovrà di fatto essere esentato, per il futuro.

Ove invece fosse applicato un criterio diverso, tale esenzione sarebbe di fatto ripresa, in tutto o in parte. Quindi terreni edificabili ed immobili detenuti da meno di 5 anni, valore normale, con plus rispetto al costo tassabile. Tutti gli altri immobili valore normale, senza tassazione alcuna. Quindi riterremmo di poter considerare sempre i valori normali. E questo al di là della perizia di stima, redatta ai fini civilistici. Mancano peraltro, se non andiamo errati, conferme interpretative in tal senso.

E su questi temi, trascurati dalla dottrina, auspichiamo si inneschi una analisi ed eventualmente un dibattito.

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