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Diritto di superficie: quale reddito? Novità dal 1/1/2024

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 14 marzo 2024

Dal 1° gennaio 2024 la cessione del diritto di superficie è considerata operazione speculativa, sempre. Invero la nuova previsione si riferisce a tutti i diritti reali sugli immobili, ma qui trattiamo specificatamente del diritto di superficie.

La legge di bilancio 2024 (Legge n. 213 del 30 dicembre 2023) all’articolo 1, comma 92 prevede la applicazione della lettera h) del primo comma dell’articolo 67 TUIR a tutte le cessioni di diritti reali.

Pertanto, dal 1° gennaio 2024 tutte le cessioni di diritti reali sono considerate operazioni speculative, indipendentemente dalla data di acquisizione del bene cui si riferiscono, ed anche se relative a terreni non edificabili.

Ne abbiamo già trattato nel nostro precedente articolo “Diritto di superficie e altri diritti reali maltrattati: dal 2024 la cessione è sempre speculativa” sempre ne Commercialista Telematico del 15 gennaio 2024, dal quale riporteremo qualche limitata parte; qui approfondiamo un aspetto specifico, la determinazione del reddito da dichiarare.

L’art. 9 del TUIR, comma 5, come modificato dalla legge di bilancio 2024, così recita (in grassetto la modifica):

“Ai fini delle imposte sui redditi, laddove non è previsto diversamente, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”. La diversa previsione riguarda appunto il trattamento riservato ai diritti reali, sempre tassati, al contrario delle cessioni di immobili, esclusi in certi casi da imposte dirette.

Ma non si comprende la ragione per la quale in certi determinati casi la cessione di un terreno sia esclusa da tassazione, mentre invece vi rientra la cessione di un diritto parziale su tale terreno.

La cessione dell’intero è esclusa da tassazione, e la cessione di una parte, di un diritto reale, ne è soggetta! Qualcosa sembra non quadrare, nel ragionamento.

Trattandosi di redditi diversi, si è tassati in base al principio di cassa; qualora il corrispettivo fosse dilazionato nel tempo, anche il reddito sarà da dichiarare frazionatamente, in base agli incassi.

 

Il diritto di superficie

“Il diritto di superficie è un diritto reale, trattato dagli articoli 952/953/954 del Codice Civile, la cui cessione è un contratto consensuale ad efficacia reale (art 1376 ce).

Il cedente cede il diritto di superficie (proprietà superficiaria) ad un terzo (superficiario) che così acquisisce il diritto di costruire ed utilizzare un immobile sulla stessa area. Tale diritto può anche derivare da una cessione a terzi del solo immobile già costruito.

La durata del diritto può essere indeterminata, come pure essere a tempo determinato; in quest’ultimo caso, alla scadenza il proprietario del terreno acquisisce la proprietà dell’immobile costruitovi per il principio della accessione (art. 953 ce).

La cessione del diritto di superficie può avvenire a titolo oneroso o a titolo gratuito. Si tratta di una tipologia contrattuale che ha avuto una particolare diffusione nel campo del fotovoltaico”.

 

Il reddito tassato

Quale sarà il reddito soggetto a tassazione?

Vediamo cosa prevedono le norme; i redditi di cui alla lettera h) dell’articolo 67 del TUIR sono tassati in base a quanto previsto dall’articolo 71, comma 2, e quindi in base “alla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificatamente inerenti alla loro produzione”.

Quindi ad una prima lettura sembrerebbe che, nel caso specifico della cessione del diritto di superficie, tutta la somma percepita dovrebbe costituire reddito tassabile.

Abbiamo utilizzato una espressione dubitativa in quanto la soluzione indicata non ci pare né corretta né tantomeno equa.

Già non si comprende il motivo per il quale la cessione sia diventata in ogni caso operazione speculativa, sempre.

Cessioni di terreni non edificabili acquisiti oltre i 5 anni non sono mai considerate operazioni speculative; perché deve invece esserlo la cessione di un diritto reale, su tali beni?

Il diritto reale è indiscutibilmente un minus, rispetto alla cessione dell’intero. E si tassa la cessione parziale, mentre la cessione totale ne è esclusa. Qualcosa a nostro avviso pare non quadrare.

Ma torniamo alla determinazione del reddito. Potranno essere detratte le spese sostenute per la produzione di tale reddito.

In realtà, in senso letterale, spese non ce ne sono, se non le spese dell’atto notarile di concessione del diritto, anche se normalmente si tratta di spese accollate a parte acquirente, e quindi di fatto escluse.

Potranno essere intese le spese sostenute per poter effettuare tale cessione? E quindi considerare le spese sostenute per l’eventuale acquisto di tale diritto, ora appunto ceduto.

Ma si tratta di una fattispecie non certamente frequente; cedere un diritto di superficie post acquisizione dello stesso non è certamente operazione frequente.

Ma in senso più lato, se si possono considerare le spese sostenute per l’acquisto del diritto, ora oggetto di cessione, andrà considerata anche quella parte della spesa sostenuta per l’intero, e riferita invece al diritto reale?

Ci spieghiamo meglio. Se si cede il diritto di superficie dopo averlo acquisito, sicuramente si potrà detrarre quanto speso per l’acquisto.

Se si cede il diritto di superficie dopo aver acquisito il terreno, tenuto conto che ora si tratta di una cessione di una sola parte di tale bene, non si vede il motivo per non considerare la parte del valore del bene relativa a questo diritto parziale.

 

Fino al 31 dicembre 2023

“Dapprima (Circolare n. 36/E/2013) l’Amministrazione Finanziaria aveva inquadrato la fattispecie nell’ art. 67 ci lett. b) del TUIR esclusivamente nell’ipotesi in cui il medesimo diritto reale fosse stato acquistato a titolo oneroso, ipotesi invero poco realistica. Per poter applicare quanto disposto dall’art. 9 c.5 del TUIR il confronto doveva essere fatto a valori omogenei; in mancanza, si sarebbe applicato l’art. 67, ci lett. I) del TUIR (assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere).

La Cassazione (sentenza n.15333 del 2014) aveva però disatteso tale atteggiamento, facendo rientrare la cessione del diritto di superficie sempre nella previsione di cui all’art. 67 c 1 lett. a) o b), e non nella lettera I), relativa a diritti personali, e non a diritti reali quali appunto il diritto dì superficie.

Per quanto riguarda il trattamento tributario da applicare ai fini delle imposte sui redditi al corrispettivo conseguito dalla cessione a titolo oneroso di un diritto di superficie va richiamato anzitutto l’articolo 9, comma 5, Tuir, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel quale si stabilisce che le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche nei confronti degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”. Pertanto,...

“essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l’articolo 9, comma 5, Tuir, implicante l’equiparazione della disciplina fiscale relativa alla cessione a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento.

Conseguentemente, nel caso di un terreno agricolo acquistato da oltre 5 anni, oppure di provenienza successoria, la cessione del diritto di superficie non generava redditi tassabili”. Conforme Cassazione n. 26143 del 18 ottobre 2018.

 

La prassi precedente del Fisco

In sede di risposta ad una interrogazione parlamentare (n. 5-09475 del 15 settembre 2016), l’Agenzia delle Entrate, preso atto del contrasto con quanto sostenuto dalla Cassazione, aveva dichiarato che avrebbe effettuato ulteriori approfondimenti, sul tema specifico.

Ed ecco che con Circolare n. 6/E/2018, recependo la sentenza della Cassazione n. 1533/2014, l’Agenzia ha cambiato atteggiamento.

Ai fini della determinazione della plusvalenza, trovava applicazione l’art. 68, comma 1 del T.U.I.R., che quantifica tale valore per un importo pari alla differenza tra il corrispettivo incassato nel periodo di imposta e il costo di acquisto del diritto di superficie.

Nel caso in cui il diritto reale di superficie fosse concesso, in assenza di un precedente acquisto a titolo oneroso, la plusvalenza dovrà essere determinata individuando il prezzo d’acquisto originario del diritto secondo un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo o dell’area fabbricabile e il corrispettivo percepito per la costruzione del diritto di superficie, da applicare al costo originario del terreno.

Nello stesso senso Risoluzione Agenzia Entrate n. 379/E del 10 ottobre 2008.

Si tenga sempre conto che, in presenza di un terreno agricolo acquistato oltre 5 anni, prima di questa variazione normativa si era al di fuori di ogni ipotesi di tassazione (Cassazione n. 14847 del 7 giugno 2018 e n. 222 del 13 settembre 2017).

 

La norma di comportamento di AIDC n. 183/2012

Può risultare interessante ricordare un approfondimento invero un po’ datato, anche se ovviamente riferito alla normativa precedente.

La norma di comportamento n. 183 del 2012 della Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, sez. di Milano era intervenuta sulla questione circa il trattamento da riservare alla cessione del diritto di superficie per il privato cedente:

“a.1) persona fisica non imprenditore cedente il diritto di superficie su un terreno agricolo oppure su un fabbricato posseduto da più di 5 anni o pervenuto per successione oppure su una unità immobiliare urbana che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione è stata adibita ad abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari: l’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir esclude espressamente tali fattispecie dai “redditi diversi”. Il cedente non realizza alcun reddito imponibile ai fini Irpef;

a.2) persona fisica non imprenditore cedente il diritto di superficie su un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria o su un fabbricato posseduto da meno di 5 anni: l’articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir qualifica “reddito diverso” la plusvalenza che, in base all’articolo 68, comma 1 del Tuir, è calcolata come differenza tra corrispettivo percepito e costo di acquisto.

Qualora, come frequentemente avviene,, il costo di acquisto del diritto di superficie non sia separatamente rilevabile nell’atto d’acquisto del terreno o del fabbricato, la quota parte del costo riferibile al diritto ceduto va determinata in base a una ragionevole proporzione quale quella risultante dalla formula:

• valore del diritto di superficie al momento della vendita/valore della piena proprietà al momento della vendita = XX%;

• costo di acquisto della piena proprietà x XX% = costo del diritto di superficie.

Invero la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 112/E/2009 aveva precisato che: “Non è possibile individuare un costo storico perché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione: la piena proprietà non incorpora in sé, per così dire in potenza, anche l’eventuale diritto di superficie”.

Si tratta di affermazione non condivisibile “in quanto ritiene che non sia mai possibile individuare una quota parte del costo di acquisto da contrapporre al corrispettivo percepito “perché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione”.

Invece il diritto di superficie - come quello dell’usufrutto - è una delle caratteristiche proprie della “piena proprietà”, già esistente quindi, che non nasce, ma si separa dalla proprietà al momento della concessione del diritto a terzi.

Pertanto, la regola da applicare è quella che un costo di raffronto sussista, salvo la difficoltà di determinarlo nel modo caso per caso più razionale e ragionevole, eventualmente supportato da apposita perizia.

Tale principio è conforme a quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria nel caso di cessione del diritto di opzione da parte del titolare di una partecipazione societaria. Inoltre, conforme all’utilizzo del criterio proporzionale è la Risoluzione Ministeriale n. 379/E/2008 (sempre dalla norma di comportamento n 183).

 

Le interpretazioni ministeriali ante variazione del 2024

Dapprima (Circolare n. 36/E/2013) l’Amministrazione Finanziaria aveva inquadrato la fattispecie nell’art. 67 comma 1 lett. b) del TUIR esclusivamente nell’ipotesi in cui il medesimo diritto reale fosse stato acquistato a titolo oneroso, ipotesi invero poco realistica. Per poter applicare quanto disposto dall’art. 9 comma 5 del TUIR il confronto doveva essere fatto a valori omogenei; in mancanza, si sarebbe applicato I ‘art. 67, ci lett. I) del TUIR (assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere).

La Cassazione (sentenza n. 15333 del 2014) aveva però disatteso tale atteggiamento, facendo rientrare la cessione del diritto di superficie sempre nella previsione di cui all’art. 67 c 1 lett. a) o b), e non nella lettera I), relativa a diritti personali, e non a diritti reali quali appunto il diritto di superficie.

“Per quanto riguarda il trattamento tributario da applicare ai fini delle imposte sui redditi al corrispettivo conseguito dalla cessione a titolo oneroso di un diritto di superficie va richiamato anzitutto l’articolo 9, comma 5, Tuir, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel quale si stabilisce che le disposizioni relative alla cessioni a titolo oneroso sì applicano anche nei confronti degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”.

Pertanto,...

“essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l’articolo 9, comma 5, Tuir, implicante l’equiparazione della disciplina fiscale relativa alla cessione a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”.

Conseguentemente, nel caso di un terreno agricolo acquistato da oltre 5 anni, oppure di provenienza successoria, la cessione del diritto di superficie non generava redditi tassabili. Conforme Cassazione n. 26143 del 18 ottobre 2018.

In sede di risposta ad una interrogazione parlamentare (n. 5-09475 del 15 settembre 2016), l’Agenzia delle Entrate, preso atto del contrasto con quanto sostenuto dalla Cassazione, aveva dichiarato che avrebbe effettuato ulteriori approfondimenti, sul tema specifico.

Ed ecco che con Circolare n. 6/E/2018, recependo la sentenza della Cassazione n. 1533/2014, l’Agenzia ha cambiato atteggiamento.

Ai fini della determinazione della plusvalenza, trova applicazione l’art. 68, comma 1 del T.U.I.R., che quantifica tale valore per un importo pari alla differenza tra il corrispettivo incassato nel periodo di imposta e il costo di acquisto del diritto di superficie.

Nel caso in cui il diritto reale di superficie sia concesso, in assenza di un precedente acquisto a titolo oneroso, la plusvalenza dovrà essere determinata individuando il prezzo d’acquisto originario del diritto secondo un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo o dell’area fabbricabile e il corrispettivo percepito per la costruzione del diritto di superficie, da applicare al costo originario del terreno. Nello stesso senso Risoluzione Agenzia Entrate n. 379/E del 10 ottobre 2008.”

Si tenga sempre conto che, in presenza di un terreno agricolo acquistato oltre 5 anni, prima di questa variazione normativa si era al di fuori di ogni ipotesi di tassazione (Cassazione n. 14847 del 7 giugno 2018 e n. 222 del 13 settembre 2017).

 

I collegamenti con l’usufrutto

Fino al 31 dicembre 2023, prima quindi della legge di bilancio 2024, l’art. 9 comma 5 del TUIR prevedeva la piena equiparazione tra la cessione della piena proprietà degli immobili e gli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sugli stessi.

Si ricorda anche che l’art. 67 comma 1 lett. h) del TUIR ricomprendeva, tra i diritti reali immobiliari, i soli “redditi derivanti dalla concessione in usufrutto”.

“Con riferimento all’usufrutto su immobili, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta a interpello 12.7.2023 n. 381, ha ricondotto la costituzione del diritto di usufrutto alla lett. h) dell’art. 67 del TUIR, sulla base della sintetica considerazione (mutuata dalla R.M. 20/93), secondo cui la dizione utilizzata dalla lett. h) dell’art. 67 del TUIR (“concessione in usufrutto”) dovrebbe essere intesa in “senso atecnico” e ricomprenderebbe, quindi, tutti gli atti giuridici aventi l’effetto di trasferire ad altri la potenzialità reddituale di un immobile.

Sulla base di tale assunto, nella ris. 381/2023, l’Agenzia delle Entrate concludeva che l’atto dì costituzione del diritto di usufrutto sul terreno agricolo genera redditi diversi ex art. 67 comma 1 lett. h) del TUIR, anche se posseduto da più di 5 anni, e che tali redditi vadano determinati, ai sensi dell’art. 71 comma 2 del TUIR, come la differenza tra l’ammontare percepito nel periodo di imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione” (Quaderni Eutekne gennaio 2024. S.Sanna e A.Zeni, Le novità in materia di plusvalenze immobiliari).

Su questo particolare aspetto rimandiamo al nostro precedente articolo “Usufrutto sempre più maltrattato” del 15 dicembre 2023 in Commercialista Telematico.

E proprio sulla base di quanto sopra interpretato, ora la tassazione della cessione del diritto di superficie dovrebbe essere così interpretabile:

1. La costituzione del diritto di superficie da parte del proprietario rientra nella lettera h) del comma 1 dell’art. 67.

Quindi sempre reddito diverso, da cui detrarre le spese inerenti e tassazione normale IRPEF. E per spese riterremmo, pur ancora in assenza di conferme ufficiali, che possano applicarsi le interpretazioni pregresse.

In particolare, Agenzia delle Entrate n. 379 del 2008 relativa alla costituzione di servitù di passaggio, Studio del Notariato n. 25-2011T del 15 luglio 2011, la norma di comportamento sopra citata n. 183/2012, Studio del Notariato n. 32-2017T del 9 marzo 2017.

2. La cessione del diritto di superficie già acquisito rientra nella lettera b) dello stesso articolo, con tassazione solo se entro i 5 anni o se su terreno edificabilc, con detrazione del costo sostenuto e tassazione al 26%.

 

La relazione al disegno di legge n. 926

La relazione parlamentare al disegno di legge n. 926, Legge di Bilancio 2024, si dilunga, su questa novità, e dettaglia i dati della relazione tecnica, che prevede un introito di 416 milioni di euro nel 2025 e di 208 milioni di euro nel 2026.

Vengono anche riportati dei dati statistici.

Invero personalmente non li abbiamo ben compresi, soprattutto nel riferimento a quanto allora dichiarato come plusvalore, pari a circa 60 milioni, detratti.

“Di seguito sintetizziamo quanto risulta da tale relazione, il diritto di superficie rappresenta l’ipotesi più ricorrente di cessione di diritti reali di godimento, e nel 2021 il valore complessivo di tali cessioni è stato di 1,38 miliardi di euro, cui ha fatto seguito una dichiarazione di plusvalori ad esse collegati di 60 milioni di

Nell’impossibilità di distinguere tra atti costitutivi del diritto di superfìcie dagli atti di cessione, ipotizzati inferiori, prudenzialmente gli atti costitutivi sono stati stimati nel 50%.

È stato conseguentemente stimato il valore complessivo dei redditi da sottoporre a tassazione in base alla disposizione in commento in euro 691 milioni, quindi esattamente pari alla metà del monte cessioni (1,38 miliardi).

Da questo importo sono state poi detratte le somme dichiarate dai danti causa più sopra indicate, 60 milioni di euro, per cui ne consegue che il reddito differenziale è quantificabile in euro 630 milioni, da cui, applicando una aliquota media del 33%, ne consegue unna imposta di 208 milioni.

Raddoppiata nel 2025 per via del sistema degli acconti. In ogni caso viene fatta una precisa distinzione tra costituzione del diritto e cessione dello stesso, questione che merita un futuro approfondimento”.

 

Conclusione

“La cessione del diritto di superfìcie dal 1° gennaio 2024 è sempre operazione speculativa, rientrante tra i redditi diversi, sia su terreni agricoli sia su terreni posseduti da oltre 5 anni. Il che creerà forti ripercussioni in certi ambiti contrattuali, tra cui sicuramente il settore fotovoltaico.

Tra l’altro ci sono evidenti incertezze applicative circa la determinazione dell’imponibile; perii valore iniziale cui far riferimento molto probabilmente ci si atterrà ad un criterio proporzionale, nella stessa proporzione determinabile per il valore finale. “ Ad ogni buon conto la soluzione scelta dal legislatore non ci pare definitiva, e confidiamo in un prossimo revirement.

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